SAPERE PER DECIDERE
CONTROINFORMAZIONE LIGURE
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Numero 19, 31 marzo 2024
Indice
- SPIFFERI
- C’È POSTA PER NOI
- ECO DALLA RETE
- ECO DELLA STAMPA
- LA LINEA GENERALE
- AMBIENTE
- POLITICA E ISTITUZIONI
- SPAZIO E PORTI
- SALUTE E SANITÀ
- FATTI E MISFATTI
- UNO SGUARDO DA LEVANTE
- UNO SGUARDO DA PONENTE
- PASSEGGIATE D’ARTE
- GENOVA MADRE MATRIGNA
SPIFFERI
L’onda nera arriva in Valbisagno. Indisturbata
Un’amica ci segnala la presenza di Casa Pound nelle scuole del quartiere. Perché stupirsi? Ormai è un classico: quando si insedia un governo di estrema destra è come se venisse proclamato il via libera per chi insegue rivincite. Una regola che i genovesi sperimentarono nel 2001 in un tragico G8, quando il vice presidente in carica Gianfranco Fini (non ancora montecarlizzato) bivaccò in Questura e nella Caserma dei carabinieri: un tacito viatico del governo a chi andò a menare le mani nella Diaz e a Bolzaneto. Oggi il via libera è andare a indottrinare le scolaresche. Con i guardiani dell’antifascismo che stendono OdG indignati ma se ne guardano bene dal recarsi nelle scuole a diffondere cultura democratica. L’immortale strategia di Rugantino: “loro me ne hanno date, ma io gliene ho dette”.
Putin incassa voti sotto a lanterna
Presso il Consolato russo di Genova, alle presidenziali hanno votato 532 persone aventi diritto, su un totale di 4.500 circa. Putin ha ottenuto il 48% di preferenze; come riportato da formiche.net, sito molto attivo nelle informazioni politiche. Una percentuale molto più alta rispetto al resto d’Europa (in Spagna, le preferenze sono state tra il 5 e il 10%). Genova appare così distante anche da molti altri paesi europei. D’altra parte, in un recente convegno a Genova organizzato da Mattia Crucioli, con partecipazione di nomi eccellenti quali Carlo Freccero, le voci sono state molte diverse da quelle presenti di solito nei nostri telegiornali. Qual è veramente il pensiero dei russi genovesi? La verità ha molti padri, e una sola madre. L’importante è non credere supinamente a nessuno.
L’antimafia ferma lo scolmatore sul Bisagno
Il Consiglio di Stato ha ribadito l’interdittiva antimafia contro il Consorzio Research di Salerno, capofila dell’appalto per lo scolmatore del Bisagno. La decisione rischia di sospendere per la seconda volta i cantieri, a tre mesi esatti dal collaudo della nuova talpa realizzata in Cina per scavare la galleria; il cui arrivo a Genova è previsto ad aprile.
A latere della vicenda registriamo sensibili differenze nei commenti delle due massime autorità politiche liguri. Il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, dopo i riconoscimenti di prammatica alle esigenze della legalità, ribadisce l’importanza che i lavori vadano comunque avanti. Il vice-ministro Edoardo Rixi dichiara che “all’inizio bisognava prendere direzioni differenti”. Questione solo di toni o anche di sostanza?
C’È POSTA PER NOI
L’ANPI risponde
Il 16 marzo abbiamo ricevuto dall’ANPI di Genova il seguente messaggio
Leggiamo con stupore e anche con crescente rammarico un articolo pubblicato in data 15 marzo sulla testata on line di Controinformazione Ligure. Un articolo in cui parla di ANPI cercando di mettere in cattiva luce l’associazione genovese e la sua vicepresidente, che, a Loro dire, avrebbe declinato l’invito ad un dibattito sulla Costituzione dedicato al numero monografico di Micromega su questo tema, a causa, sempre a Loro dire, di un veto dell’associazione contro la testata.
Nulla di più falso. La vicepresidente ANPI di Genova, il 27 febbraio, data in cui il dibattito si sarebbe svolto, si trovava fuori Genova per importanti incombenze familiari, programmate da tempo e mai avrebbe accettato un impegno sapendo di non poterlo onorare, si aggiunga il fatto che non è mai giunto ad ANPI un invito formale per questo evento. L’articolo invece fa risalire l’assenza della vicepresidente ad un presunto veto dell’associazione contro la rivista. È un’affermazione del tutto falsa e tendenziosa, ma molto grave.
Vero invece è che MicroMega si è più volte scagliata contro l’ANPI (nazionale), con attacchi spiacevoli, gratuiti ed inadeguati, anche cattivi in alcune occasioni, tanto da spingere molti nostri iscritti a protestare direttamente con la testata, mentre altri hanno disdetto gli abbonamenti.
Questo però non esclude che si possa collaborare su un tema importante e sotto attacco, come quello della Costituzione. E soprattutto è grave e senza fondamento dire che esiste un veto contro la testata alla quale molti di noi sono ancora abbonati. Prima di scrivere sarebbe bene accertarsi della eventuale attendibilità della fonte. Questo distingue il buon giornalismo. Ricorrere a informazioni non veritiere per attaccare una associazione come ANPI, che della libertà di opinioni e della libertà di stampa ha sempre fatto un suo vessillo e che pensa che le differenze siano spunto di riflessione e non di contrapposizione, è ormai uno sport di diversi opinionisti, ma di scarsa credibilità e con conseguenze imprevedibili.
ANPI Genova
Cosa vuol dire svegliare il can che dorme… al di là della risibile questione se la vice presidente Anpi Arianna Cesarone sia stata invitata o meno al dibattito a mezzo posta certificata e carta bollata: parlatevi con gli organizzatori, visto che noi di Mm eravamo semplicemente ospiti (mentre formuliamo fervidi auguri per “le importanti incombenze familiari” della nostra mancata discussant). Ciò che conta è la questione che si sollevava nel post che ha determinato la replica piccata: cosa sta succedendo in Anpi? E lo si chiede alla luce di fatti che sono di dominio pubblico: dai dissensi tra il presidente nazionale Gianfranco Pagliarulo e la sua vice Albertina Soliani sul diritto o meno degli ucraini di resistere a quella che con ignobile eufemismo veniva denominata “operazione speciale”, alle dimissioni del presidente Anpi milanese Roberto Cenati (salutate dall’indecente commento dei suoi soci “ce ne siamo liberati”); all’uscita dal direttivo Anpi Chiavari di un gruppo di stimati dirigenti. Come tutta risposta qui ci è stata somministrata un’idillica visione anestetica da Comintern del dottor sottile Palmiro Togliatti.
Quando – invece che di rentiers del glorioso lascito resistenziale – servirebbe un soggetto che scenda attivamente in campo contro l’onda montante dell’estrema destra. Se l’Anpi genovese ci indica una data e un luogo, noi di Controinformazione saremo sempre disponibili a un incontro per discutere progetti concreti di contrasto effettivo del disegno d’eversione in atto, che calpesta la Costituzione democratica e antifascista. Non a intonare in coro “Bella ciao”.
Pierfranco Pellizzetti
Un’amica ci scrive
Ancora a proposito dell’onda nera in Val Bisagno
Da Repubblica del 14/2/2024: Due esponenti di Casa Pound, fra cui un editore e autore negazionista delle azioni del nazifascismo, incontrano i ragazzi delle scuole della Val Bisagno alla commemorazione per le Foibe col beneplacito dei Presidenti di Municipio Bassa (Guidi) e Media (Uremassi), “indignati” per la presa di posizione contraria di ANPI.
Un precedente: Genova Today 3/3/2023: Giorno della memoria e del ricordo commemorati insieme col patrocinio di Comune e Municipio Levante alla Biblioteca Brocchi con la presenza di G. Benvenuti (fratello della consigliera di F d I. e simpatizzante di Casa Pound) con lo slogan “i morti non hanno colore”, presa di posizione contraria di ANPI, Lista Rosso Verde e Sansa.
ECO DALLA RETE
Ospitiamo questo post apparso sul quotidiano online del trasporto marittimo del 20 marzo 2024
Varianti della diga: tutti gli interrogativi
Senza comunicare mai nulla (di significativo), l’Autorità portuale ha definito ufficialmente la variante al progetto della nuova diga foranea di Genova, avviandone l’iter al Ministero dell’Ambiente. Eccone in sintesi i dati salienti, in attesa che l’ente (non) fornisca i necessari chiarimenti:
– si fanno insieme fasi A e B anche se non ci sono i soldi per quest’ultima;
– nulla si sa dei test sul consolidamento, salvo il fatto che, dove sono state fatte indagini integrative, i risultati sono negativi e il metodo delle colonne di ghiaia non potrà esser usato, a favore di altra tecnica (più dispendiosa? Di soldi non si parla mai, ma è lecito pensarlo, perché sennò sarebbe stata prevista da subito);
– la data di ultimazione è spostata a giugno 2027
– l’Adsp prevede entro quella data il tombamento di tutta Sampierdarena (più di Bucci) evidentemente credendo che i depositi a ponte Somalia non andranno, anche se sul Prp continua il silenzio
– i cassoni si faranno anche a Pra’
– il mega-dragaggio previsto sarà borderline: sversamento in mare, ancorché nei cassoni, di almeno 20mila mc che andrebbero smaltiti a terra e soprattutto, per quanto riguarda i materiali provenienti dal ribaltamento di Sestri Ponente, deposito (temporaneo) a terra di rifiuti
– a Sampierdarena saranno installati un impianto di frantumazione e uno di trattamento rifiuti sull’area dove, secondo l’analisi costi-benefici di Adsp, si sarebbero dovuti movimentare 140mila teu (Ronco Canepa)
– per la demolizione della vecchia diga niente esplosivi depotenziati, ma esplosivi tradizionali, 15 volte più potenti.
WWW.Shippingitaly.it
ECO DELLA STAMPA
Sul Secolo XIX di martedì 19 marzo Annamaria Coluccia ha fatto il punto sulla sollevazione dei genovesi contro le scelte infrastrutturali faraoniche e anti-popolari del sindaco. Ne riportiamo un ampio stralcio.
Skymetro, l’assemblea dei comitati vuole i ricorsi
e gli anti-funivia per Forte Begato vanno in piazza
«Un’assemblea affollata in Valbisagno per ribadire il no allo Skymetro e raccogliere nuove adesioni in vista dei ricorsi, e un corteo che sabato porterà anche in centro città la protesta contro la funivia che dovrebbe collegare la Stazione Marittima a Forte Begato, sorvolando il Lagaccio. Riparte anche nelle piazze la mobilitazione contro i due progetti che la giunta Bucci sta portando avanti con determinazione ma che fin dall’inizio sono nel mirino di molte proteste. Ieri sera circa200 persone hanno risposto all’invito del gruppo Opposizione Skymetro – Valbisagno Sostenibile che, dopo diversi mesi dall’ultimo incontro pubblico, ha organizzato un’assemblea in un salone della chiesa dei Diecimila Martiri crocifissi di via Canevari, per informare la cittadinanza sugli ultimi sviluppi del progetto e sulle prossime azioni di protesta. Infatti, nelle settimane scorse l’iter dello Skymetro ha avuto un’accelerazione con il parere favorevole sulla compatibilità ambientale del progetto di fattibilità tecnica ed economica e con l’approvazione dello stesso progetto da parte della Conferenza dei servizi. E il gruppo Opposizione Skymetro, al quale aderiscono varie associazioni e comitati, è già al lavoro con gli avvocati per impugnare questi provvedimenti davanti al Tar. Mentre è già noto che il tracciato dell’opera sarà modificato per eliminare il ponte con curva a doppia S di fronte a Borgo Incrociati. Dalla Valbisagno al Lagaccio, dove si riaccende la protesta contro il progetto della funivia, Il comitato “Con i piedi per terra” ha organizzato un corteo fino in centro “perché l’impatto negativo della funivia sul territorio riguarda tutta la città, non solo il Lagaccio”, sottolinea il comitato, mentre Legambiente ha notificato un terzo ricorso al Tar contro il progetto, Il corteo, a cui aderisce la Rete genovese dei comitati, […] per dire che “Genova non ha bisogno di una funivia al servizio del turismo mordi e fuggi ma di interventi per mettere in sicurezza il territorio e per rendere i quartieri vivibili per chi li abita”».
Annamaria Coluccia
Il 19 marzo Il Fatto Quotidiano ha pubblicato questo affresco inquietante a firma Marco Grasso sui rapporti tra politica e informazione locale. Si tratti di Spinelli o Aponte poco cambia. Ne riproduciamo ampi stralci.
Toti taglia i fondi al Secolo e media sulla sua vendita
Dopo una lunga luna di miele, i rapporti tra Giovanni Toti e il quotidiano ligure Il Secolo XIX si sono raffreddati. Un bel problema per un governatore di centrodestra a caccia del terzo mandato. I suoi stessi alleati (in privato) definiscono l’ambizione dell’uomo semplicemente “smisurata”: Giorgia Meloni, vuole mandare tutti a casa dopo due legislature. E le azioni e di Toti sono decisamente in ribasso. Figurarsi con la stampa contro.
Scontento della direttrice Stefania Aloia, percepita come ostile, il presidente della Regione Liguria ha incontrato i vertici di Gedi, proprietaria del quotidiano; all’abboccamento avrebbe preso parte anche una cordata di potenziali acquirenti, a cui capo ci sarebbe il terminalista Aldo Spinelli, fra i più generosi finanziatori elettorali di Toti. A seconda delle versioni, nella compagnia di giro avrebbe un qualche ruolo anche l’ex senatore montiano Maurizio Rossi, editore di Primocanale, emittente molto vicina all’inner circle totiano. Ognuno degli attori coinvolti smentisce e avvalora pezzetti della storia diversi.
Insomma, il fatto che nessuna delle versioni sia coerente con le altre, ha convinto la redazione che buona parte dello scenario sia vero. Soprattutto, la certezza è di essere in vendita. Circolano anche cifre: Spinelli avrebbe in testa 3 milioni di euro; la società degli Elkann partirebbe da 6,5-7; un punto di caduta potrebbe essere intorno ai 5. Gli equilibri sono saltati quando a ottobre l’ex vicedirettrice di Repubblica ha sostituito Luca Ubaldeschi, garante della pax totiana. Che il vento stesse cambiando si è capito subito da una prima pagina che sbertucciava un gigantesco mortaio gonfiabile portato in trionfo sul Tamigi, costato mezzo milione di fondi pubblici regionali. Per dire, nei giorni scorsi, la Lista Toti è arrivata ad accostare il mite XIX (addirittura) alla Pravda . L’insofferenza è legata a temi riemersi sulle pagine del quotidiano che fanno a pezzi l’immagine della Liguria felix cara alla narrazione totiana: dalla sanità a pezzi al record italiano di poveri. Sarà un caso, ma se nell’epoca d’oro della gestione Ubaldeschi il giornale era arrivato a raccogliere 300 mila euro l’anno di pubblicità istituzionale regionale, con Aloia la voce è crollata a zero».
Marco Grasso
GLI ARGOMENTI DEL GIORNO
LA LINEA GENERALE
Una visione d’insieme sullo stato dell’arte regionale
Toti e Bucci: le maschere stanno cadendo
Come avrete avuto modo di notare dagli articoli riprodotti a stralcio nella nostra sezione “l’eco della stampa” – a firma di Annamaria Coluccia e Marco Grasso, due rari e apprezzabili esempi di giornalisti fuori dal coro dei Premi Pulitzer di Bargagli che screditano l’informazione locale con il loro lecchinaggio – stanno emergendo prove tangibili che va esaurendosi la fascinazione illusionistica di cui hanno usufruito le due massime autorità amministrative del territorio ligure: il presidente della Regione e il sindaco del capoluogo. Entrambi cominciando a perdere colpi nelle specificità che ne avevano contraddistinto la presunzione di eccezionalità. In via di demistificazione.
Per Giovanni Toti, cresciuto nella factory berlusconiana del Biscione, le capacità comunicative al servizio della raccolta fondi, indispensabile per operare nella compravendita dell’influenza; per Marco Bucci, ostentatamente avvolto nel mood manageriale Made in USA, la progettualità di grandi opere purchessia, scavallando qualsivoglia controllo di legalità o di utilità nella teatralizzazione del faso tuto mì.
In dettaglio: l’ascesa totiana al potere si era accompagnata a un lavorio occulto di scambi negoziali, che in un anno avevano convogliato nella sua Fondazione Change un flusso di finanziamenti pari 530mila €; di gran lunga superiori alle entrate di partiti strutturati come FdI, Lega o PD. Ma ormai il trend ascendente pare invertirsi, anche perché i suoi tentativi d’ascesa nazionale sono miseramente falliti e la possibilità di un terzo mandato sta scemando. E i corifei dell’informazione se ne sono accorti, prendendo subito le opportune distanze da un personaggio senza più spinta propulsiva. Mentre le endemiche esplosioni di insofferenza popolare nei confronti delle megalomanie buccesche iniziano a prefigurare il rigetto nei confronti della teatralità irresponsabile del Modello Genova che partorisce facilonerie (oltre ai progetti insensati Skymetro e funivia, la diga sulla sabbia, il falansterio presunto lusso nell’ex Fiera del Mare, magari l’idea di pompare acqua marina per la sete lombarda ecc.), il tutto accompagnato dalle fanfaronate di Genova capitale di qualcosa e l’elezione di simil-Vip in ambasciatori genovesi non si sa per che cosa.
Insomma, quelli che gli anglosassoni definirebbero “due anatre zoppe”.
Comunque ad oggi senza alternative. Anche perché le mattane del duo meraviglia hanno saputo occultare la vecchia talpa del declino sociale ed economico che scava da decenni.
Pierfranco Pellizzetti
AMBIENTE
La fragile bellezza di uno spazio sotto costante attacco
Figli di un Dio Minore. In Val Polcevera e dintorni
I concittadini, dalla foce del Polcevera in su, (Sampierdarena, Certosa, Fegino, Borzoli, Rivarolo…), di cosa devono farsi perdonare per essere, così testardamente, ignorati, dalla amministrazione comunale?
Dopo i tremendi giorni del crollo del ponte Morandi, i pesanti disagi del suo abbattimento con cariche esplosive, le lunghe interruzioni del traffico per la costruzione del nuovo viadotto, si poteva sperare su un vigoroso e rapido piano di riqualificazione della vallata.
Invece no! Finito un cantiere, uno dopo l’altro se ne sono aperti altri tre o quattro: quello del proseguimento della Metropolitana, la realizzazione del nodo ferroviario del Campasso, con treni merci che passeranno in mezzo alle case, lo scolmatore di rio Maltempo e già si parla di lavori propedeutici all’avvio della Gronda.
Ma con tutti questi cantieri, quale è la qualità dell’aria che questi “figli di un dio minore” sono costretti a respirare? Quale è l’intensità sonora di giorno e di notte fuori e dentro le loro case? I diretti interessati ne sanno poco o nulla.
Anche Chat GPT, l’onnipotente Intelligenza Artificiale, non ne sa niente e consiglia “di consultare i siti web delle autorità locali responsabili dell’ambiente”.
Un ricerca sulla rete, effettuata con mezzi meno futuristici, alla domanda, “monitoraggi ambientali cantieri Genova”, invia al Comune “Smart” (intelligente) di Genova e al capitolo: Cantieri Monitoraggio Ambientale. Tratta Brin-Canepari; datato 20 luglio 2023.
Lascio ai lettori valutare quanta “intelligenza” sia stata messa nel redigere un documento di facile accesso e comprensione per un pubblico senza una laurea in Chimica Ambientale, andando al “link” che segue:
Quello che si trova è un lungo elenco di rapporti di analisi, a cura di un laboratorio privato, relativi a giornalieri campionamenti d’aria (l’ultimo datato 5 marzo 2024), ciascuno durato otto ore, i cui risultati sono: numero e concentrazione di fibre di amianto nell’aria.
Misure certamente effettuate con tutte le carte in regola, ma di lettura impossibile per non addetti ai lavori. Molto più chiare e comprensibili le informazioni fornite dalle Stazioni di monitoraggio dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente Liguria (ARPAL).
Peccato che, lungo tutta la Val Polcevera, le centraline ARPAL siano solo due: a Rivarolo-Cervetto e a Bolzaneto, tra via Colano e via del Brasile.
Federico Valerio
Da tempo alle finestre in Valbisagno sono affissi striscioni “No skymetro, sì tram”.
Anche a Genova il revival di un vecchio mezzo pubblico, riscoperto l’ultimo decennio del secolo scorso nella pionieristica messa in funzione a Nantes (1985), poi a Strasburgo e nelle grandi città europee. Il tema conobbe nel 2008 una ripresa anche a Roma con l’ex vice-sindaco Walter Tocci, autore di un saggio pubblicato da Donzelli (“Avanti c’è posto”, dal film di Bonnard del 1942 con Aldo Fabrizi), proponendo un salto di paradigma nel trasporto urbano: da una “mobilità” ingolfata nel traffico al principio di “accessibilità” come riappropriazione dello spazio cittadino. Un tema su cui Controinformazione intende aprire una discussione, che qui di seguito Roberto Guarino avvia in chiave tecnica.
Avanti c’è posto, pure in Liguria?
Tram sì, tram no a Genova. I diversamente giovani come me, ricordano la grande rete tranviaria genovese, che oltre alla litoranea Voltri-Nervi si inoltrava nelle valli Bisagno e Polcevera e nelle altre sotto-reti: Circonvallazione a Monte, Marassi, San Martino, ecc.
Una politica miope a favore del trasporto su gomma smantellò l’infrastruttura a favore di autobus e filobus. Questi ultimi fruivano di una rete di fili aerei che copriva tutta la città. Pure questa venne eliminata a favore del gasolio. Perché gli autobus li costruivano i privati, mentre i filobus li produceva Ansaldo?
Ora è in atto un acceso dibattito sulla mobilità in Val Bisagno: Sky Metro vs.tram. Entrambe le ipotesi implicano opere di notevole impatto: imponenti piloni e travi per l’uno, probabile necessità di allargare di qualche metro la sede stradale per l’altro.
Meno difficile realizzare la litoranea, visto che in corso Europa i binari potrebbero trovare posto nelle due corsie centrali attualmente dedicate ai bus; a ponente, la nuova viabilità (esempio Lungomare Canepa) offre spazi sufficienti a tale installazione. Vedo molto difficile la possibilità delle altre sotto-reti in Circonvallazione a Monte, Marassi, San Martino. Su quest’ultimo aspetto i difensori del tram ad ogni costo portano l’esempio di Lisbona, dove i tram (minuscoli per altro) si arrampicano sui quartieri collinari. Ma a Lisbona c’è una tradizione quasi secolare di convivenza con tram e binari, non così a Genova. E anche a Lisbona i cosiddetti Jumbo Tram come quelli milanesi sono utilizzati solo sul lungofiume. A proposito di Milano e Torino. Gran parte della rete tranviaria milanese ha sede propria nei controviali, raramente in conflitto con la circolazione veicolare. Torino segue a ruota. Vista la situazione delle sue strade, a Genova la convivenza sarebbe praticamente impossibile. Mentre, per buona pace dei nemici del tram che ne paventano l’impatto sonoro, i tram moderni fanno meno rumore di un bus a gasolio.
Un ultimo aspetto, peculiare. A Genova è immatricolato un motociclo ogni 4 abitanti. Un dato da non sottovalutare, visto che a Milano le cadute di motociclisti “inciampati” sui binari sono quotidiane; e lì la densità è metà: ogni 8.
Concludendo, purtroppo – a mio avviso – la soluzione tram a Genova è tecnicamente difficile da percorrere; seppure non impossibile. Però, da tecnico, mi sconcerta che questi argomenti siano affrontati in assenza di studi e progetti esenti da interessi pregiudiziali.
Roberto Guarino
POLITICA E ISTITUZIONI
Lo stato dell’arte delle regole e delle pratiche pubbliche
I polmoni atrofizzati della società ligure
Nel 1835 Alexis de Tocqueville scriveva una frase cara ai suoi estimatori (quorum ego): “con l’associazione la società vive e respira”. Ligio a questo insegnamento il nostro magazine continua a prestare molta attenzione alla salute dell’associazionismo locale. Consapevole che solo con una forte e coesa opposizione sociale si potrà resistere all’opera di smantellamento permanente della democrazia civica, perseguita da chi sta cavalcando l’onda nera prodotta dall’attuale riflusso; vuoi per affarismo, vuoi per deliri d’onnipotenza. Il pessimo personale al vertice delle nostre istituzioni locali, che l’opposizione politica non sa contrastare un po’ perché asfaltata dalle superiori capacità finanziarie, comunicative, di iniziativa e spregiudicatezza dell’attuale maggioranza; o piuttosto si è asfaltata da sola con l’inerzia del poltronismo. E che sarebbe primario compito della società civile organizzata rivitalizzare richiamandola perentoriamente ai propri compiti. Ma quale è lo stato dell’arte dell’associazionismo inteso come soggetto collettivo? Svincolo e sparpagliato. Frazionato in una miriade di orticelli che non fanno massa critica. Eppure la logica che avanza sull’onda nera è sempre la stessa, seppure declinata in vari ambiti: la mercificazione. Vedi la sanità, in cui il disegno affaristico si avvolge in fumisterie hi-tech per turlupinare meglio. Per cui si parla a vanvera di medicina “computazionale” sbandierando l’AI, quando è solo la truffa concettuale di una diagnostica che persegue la soluzione più economica per il business ospedaliero e non quella a misura della cura per il paziente. Però ci annunciano trionfanti che nel costituendo ospedale nel deserto lunare di Erzelli la medicina sarà “computativa”. Un problema che interessa solo gli operatori sanitari o riguarda anche chi si batte per l’ambiente o il lavoro? Benvenuto il nascente Fronte comune per la salute. Anche se ancora restano fuori altre componenti della sanità. Ci preoccupa che Legambiente non si coordini con WWF o Italia Nostra contro la politica ammazza-verde di Tursi. Ancora: la colonizzazione parafascista sta procedendo indisturbata, dai simboli toponomastici all’attacco della Costituzione. Ma se tocchi il tema scattano subito le reazioni da nume offeso di chi presidia il lascito resistenziale con riti testimoniali senza sognarsi di promuovere chiamate collettive alla lotta. Come i partigiani, a cui dicono di ispirarsi i guardiani del ricordo. E così la società soffoca e muore.
Pierfranco Pellizzetti
SPAZIO E PORTI
Traffici e infrastrutture nella prima industria ligure
Legge 84/1994, art.18, cc8 e 10 (regolamento concessioni portuali): «Ai fini del rilascio della concessione è richiesto un programma di attività volto all’incremento dei traffici e alla produttività del porto. L’Autorità di sistema portuale (AdSP) effettua accertamenti al fine di verificare l’attuazione degli investimenti previsti nel programma di attività».
Il piano d’impresa PSA SECH: promesse e realtà
Sono trascorsi i primi 8 anni del piano di impresa del terminal “full container” PSA
SECH presentato ai fini della proroga di 30 anni della concessione a Calata Sanità. Quali sono stati i risultati?
Teu movimentati da 2016 a 2023: 2.244.881 (media: 280mila/anno), obiettivo del Piano 420mila/anno (-33,2%), capacità del terminal concesso 550mila/anno (-49%).
Occupazione: obiettivo mantenimento dei 244 occupati nel 2016, nel 2023: 223 (-8,6%).
Investimenti da 2016 a 2022 (ultimo bilancio disponibile): previsti dal Piano 23,7 milioni euro, spesa reale per investimenti 16 milioni (-32%). Inoltre, dei 120 milioni di investimenti annunciati nei 30 anni di proroga il picco, pari a 50 milioni, è previsto non prima di 2028-32 con l’acquisto delle nuove gru di banchina e le gru ferroviarie.
In sintesi, risultati gravemente negativi sotto ogni punto di vista, dati che presentano ulteriori ombre e preoccupazioni per le sorti commerciali e occupazionali del porto, almeno per i seguenti motivi.
Traffici: nel 2022 il SECH stava precipitando sulla soglia di 200mila teu, nel 2023 si è rialzato a 240mila solo perché MSC ha portato al SECH navi di una certa dimensione che non ha potuto servire a Bettolo (infatti Bettolo ha perso il 67% dei teu toccando appena i 100mila). Nel 2022 su 130 navi servite al SECH solo 2 erano MSC, nel 2023 su 138 navi le MSC sono state 35. Che ne sarebbe del SECH senza MSC?
Questi risultati alimentano le mire di coloro che vogliono sostituire al SECH un terminal passeggeri o traghetti, insieme all’interesse dello stesso terminalista di spostare l’attività al PSA Prà per espandere il suo terminal maggiore. Va da sé che avendo un titolo concessorio valido ancora 20 anni, PSA non se ne andrà senza rivenderlo a caro prezzo. Inoltre, nell’attesa è verosimile che non spenderà molto in investimenti, anzi le gru di banchina pianificate al 2028-32 sembra proprio che non saranno mai acquistate, almeno per Calata Sanità.
Occupazione: l’organico dipendente è in costante diminuzione, mentre le chiamate dei lavoratori della Culmv si mantengono ma solo in stretta proporzione all’andamento dei traffici.
Va ricordato che la proroga di 30 anni della concessione è valsa alla vecchia proprietà del SECH (le “famiglie genovesi” Negri, Cerruti, Magillo, Schenone) una ricca plusvalenza nella vendita delle loro quote ai fondi anglo-francesi Infravia e Infracapital, i quali a loro volta hanno poi rivenduto il tutto a PSA.
R.D.I.
Il bilancio della concessione PSA SECH: luci e ombre
Sinora il capitale e i suoi azionisti di turno hanno avuto il loro lucroso ritorno, se non come profitti, sicuramente con la valorizzazione della rendita di posizione. Mentre sul versante del lavoro c’è stato un calo sensibile, che ha eroso l’organico dei dipendenti e sacrificato l’apporto dei lavoratori della CULMV; soprattutto ha cancellato la promessa di nuova occupazione. Infine, l’apporto del terminal ai traffici del porto e alla produzione di valore aggiunto e reddito locale è stato molto inferiore al promesso; ancora di più rispetto all’offerta di banchina data in concessione per ben 30 anni (-49%).
Che si fa in questi casi? Secondo il Regolamento portuale che disciplina il rilascio di concessioni, «l’autorità concedente svolge ogni 5 anni un’approfondita analisi dell’andamento del rapporto concessorio, verificando il puntuale adempimento degli impegni assunti dal concessionario e i risultati raggiunti sul piano dei traffici e dell’occupazione, anche rispetto all’andamento dello specifico mercato settoriale in cui opera il concessionario proponendo le modifiche occorrenti per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico»(DM 28/12/2022, n.202, art.9).
Non ci sfugge che i traffici portuali siano soggetti a variabilità nel tempo, talora anche nel breve periodo. Non è facile, pertanto, pianificare le attività e rispettare i piani di impresa. Tuttavia, il ruolo del governo dell’AdSP è quello di vigilare intervenendo presso le imprese private concessionarie.
Palazzo San Giorgio è intervenuto con SECH a tutela dei traffici e dell’occupazione sia diretta che di CULMV? Ha richiesto le cause delle inadempienze, le azioni correttive messe in atto alla gestione e alle strategie del SECH per raggiungere gli obiettivi? Come si concilia l’andamento del SECH e più in generale dei traffici container nel porto con i piani strategici di costruzione della nuova diga e di sviluppo delle banchine?
Si rammenta che i piani di impresa (ex art.18 L84/1994) sono a fondamento degli atti con cui l’Autorità di sistema portuale, e attraverso di essa lo Stato, concede ai privati lo sfruttamento commerciale del demanio portuale, fatto salvo «il migliore perseguimento dell’interesse pubblico». Grazie a una sentenza del TAR Liguria del 18 marzo 2019, AdSP è tenuta su richiesta di accesso civico a pubblicare i piani nei suoi dati di rilievo pubblico, ossia i traffici stimati, gli investimenti e il piano occupazionale. Dati che non sollevano questioni di segreto commerciale o industriale.
Riccardo Degl’Innocenti
SALUTE E SANITÀ
La prima tutela in una regione che invecchia
La sanità di Toti cresce, nei debiti e nelle liste d’attesa
Toti è un giornalista cresciuto alla corte di Berlusconi, aduso più alla propaganda che all’informazione. Ogni settimana fa uno show per “intortare” gli interlocutori sparando numeri a casaccio. Ma i dati reali lo smentisco. Nel 2022 il deficit della sanità ligure era di circa 30 milioni di Euro, il 2023 si chiude con 63 milioni di deficit, nonostante gli 80 milioni di euro in più del Governo. Scontato il rimedio: taglio di 35 milioni alla disastrata sanità ligure; altri 18 saranno tagliati ad agricoltura, scuola, lavoro e formazione.
L’aspetto più comico della vicenda è che Toti introduce un controllo di gestione sui conti della sanità: un team di esperti dovrà controllare ALISA, la superfetazione inutile e costosa della sanità regionale che sarebbe lei stessa preposta a tale controllo. Quindi un controllo del controllore. Chiara ammissione della sua inutilità.
Nel frattempo Toti conquista un poco invidiabile record: sarà l’unico presidente della regione a non aver realizzato alcun nuovo ospedale. La vicenda del nuovo Felettino alla Spezia è un dramma che peserà per decenni sulle spalle degli spezzini. Quella di Erzelli ne è la copia conforme. Toti parla di una partnership pubblico/privato. Ossia costi per il pubblico e utili per il privato. E il privato è il solito noto: il gruppo WEBuild, che a Genova fa tutto (Diga, Ponte, terzo Valico, ecc.).
Ma: se la Regione varerà questa partnership, che fine faranno le risorse PNRR del progetto bandiera sull’Ospedale Computazionale? Che fine faranno i 280 milioni di fondi pubblici che Inail aveva destinato alla costruzione di Erzelli? Quanto costerà alle già malconce casse della sanità ligure una seconda operazione tipo Felettino, con un canone da pagare a chi lo realizzerà? Nel frattempo la Regione taglia i turni dell’ausiliariato (servizi di barellieri e trasporto pazienti). Con il Governo che taglia 1,2 miliardi di euro all’ammodernamento degli ospedali: conferma della volontà della Destra di liquidare la Sanità pubblica. E se tutte le Regioni chiedono un’immediata marcia indietro, la Giunta Toti tace.
Nel frattempo la situazione delle liste d’attesa continua a peggiorare anche nei primi due mesi del 2024. In alcune regioni, si è scelto di assumere personale e lavorare sugli orari di apertura dei laboratori. In Liguria, per l’ennesima volta, si acquista nuove prestazioni dal privato per 7,4 milioni di euro. E si costituisce l’ennesima cabina inutile di regia per la risoluzione delle liste d’attesa.
Nicola Caprioni
Salute e opere infrastrutturali urbane: un’interdipendenza silenziata
Mentre siamo benedetti quotidianamente dalla narrazione delle magnifiche sorti e progressive incombenti sull’intera Liguria, all’ombra dei lustri plastici giace il Terzo incomodo. Convitato di pietra stuzzicato da fantasmagorici progetti con la scaramantica speranza che arrivi all’appuntamento a giochi chiusi: la salute dei cittadini.
Gli effetti delle scelte urbanistiche peggiori non sono immediati, si stratificano e consolidano nel tempo, giacendo nei corpi di coloro che non possono svolazzare via a far danni altrove nel globo terracqueo, perché lì sono e lì resteranno.
Lunedì 18 marzo, presso la Sala della chiesa dei Diecimila martiri crocifissi in Canevari, il Comitato di opposizione allo Skymetro, ha coinvolto 150 cittadini spiegandogli l’ingarbugliato progetto che, nonostante la valanga di critiche da parte di istituzioni e associazioni, sta alla base dell’edificando “coso”.
Sono quindi intervenuti due esperti, l’uno per spiegarne i limiti progettuali, di funzionalità e di impatto sull’ambiente, l’altro per puntualizzare tutti gli aspetti normativi non affrontati o scavalcati con espedienti. Il terzo intervento, quello di chi scrive, riguardava gli effetti su ambiente e salute di un grande cantiere come quello previsto, anch’esso inviato via Pec alla Conferenza dei servizi ormai conclusa. Ma, a sorpresa, nell’articolo del giorno successivo di Genova 24 (presente alla serata), non una riga sulla salute dei cittadini.
In questa faticosa scalata verso un po’ di verità, mi sono più volte imbattuta in situazioni che, a questo punto, cominciano a impensierirmi.
La prima volta, quando l’assessore Campora in Quarta commissione del Municipio Bassa Val Bisagno evitò di rispondere alla mia domanda sul perché l’allora progettino iniziale non avesse previsto la Valutazione di impatto sulla salute (VIS) sancito dal Codice dell’Ambiente. Al commiato, dopo mia insistenza, mi rispose che “sì, è previsto, ma non vincolante”. Ah, beh! La seconda, quando la mia audizione in Quinta commissione a Tursi venne rigettata perché “l’argomento salute non è congruente con la discussione sull’opera”. Ridere per non piangere. Anche in questo caso e nonostante mi fossi resa disponibile col giornalista, silenzio stampa.
Il fatto è che il Codice deontologico dei medici all’articolo 5 obbliga a informare sul rischio di pericoli per la salute pubblica legati alla situazione ambientale. Ignorare ciò che dice una voce obbligata a parlare non ha il sapore della disattenzione, ma dell’omissione.
Maura Rossi
FATTI E MISFATTI
Affarismi (o peggio) e miserie del potere, locale e non
Nella Liguria a rovescio
A volte arrivano notizie sconcertanti, e stupiscono ancora di più se sono buone, almeno per lo scrivente. Giovanni Toti sta per dare le dimissioni da presidente del consiglio della Liguria, a meno che il Partito Democratico non accetti la sua iscrizione, arrivata come un fulmine a ciel sereno. Resterebbe quindi Presidente ma con una maggioranza spostata a sinistra. In questo contesto, lo stesso Toti, a dimostrazione della sua buona fede, avrebbe stoppato, di concerto con il Sindaco Bucci, alcuni lavori che di recente hanno sollevato non poche polemiche per il loro costo e la loro inutilità. Si parla della rinuncia allo Skymetro, alla Funivia del Begato, al tapis-roulant dell’aeroporto, e allo spostamento a Sampierdarena dei depositi chimici. Il tutto a favore della sistemazione della maggior parte degli edifici scolastici, del riammodernamento degli ospedali esistenti, compreso l’Evangelico e il Galliera con la conseguente rinuncia a costruirne uno nuovo. Inoltre, la cultura avrà un suo posto di rilievo: non solo con un vero e proprio assessorato alla Regione, tuttora vacante, ma con capitoli di spesa puntualmente dedicati; dai fondi al Festival della Scienza, a uno spazio permanente per attività artistiche, quali scuole per musica, pittura e scultura, fino a corsi, anch’essi gratuiti, per promuovere la scrittura creativa. Oltre a una Fiera annuale destinata, nelle intenzioni, ad oscurare la Buchmesse di Francoforte e la Fair Books di Londra. Anche il nuovo Palazzetto dello Sport, anziché essere ricomprato al doppio della cifra cui era stato venduto, sarà espropriato e gestito da un pool di sportivi a livello nazionale delle varie categorie, comprese quelle paraolimpiche. Per uno sport più dedicato alla salute per tutte le età più che all’agonismo. Solo una proposta di Toti ha suscitato non poche perplessità: per riportare Genova ai massimi livelli del calcio, è stata proposta la fusione del Genoa con la Sampdoria, acquistando entrambe dalle attuali proprietà e creando una SpA ad azionariato diffuso tra i tifosi. Così il Genòria, il nuovo nome dopo la fusione, diventerà realmente il simbolo della città, sostenuta da tutti. La dichiarazione ufficiale di tutto quanto sopra, rivelata oggi in anteprima da Controinformazione, avverrà lunedì primo aprile. Lo stesso pomeriggio alle diciassette è stata programmata una manifestazione di sostegno, in Piazza de Ferrari, di larga parte della cittadinanza e con pullman provenienti da tutta la Liguria.
Carlo A. Martigli
Per alcuni decenni gli Erzelli furono il fondale su cui proiettare le mirabilie del nuovo sviluppo immaginario genovese a base hi-tech. Una solitaria e inaccessibile collina spazzata dai venti che ora sembra dimenticata dalla grancassa propagandistica dei futuri radiosi (forse perché il passaggio di Carige a Biper ha reso meno urgenti operazioni cosmetiche per colmare i buchi di bilancio delle passate speculazioni?). Oggi la narrazione si sposta in Val Polcevera: il nuovo scenario dove “i sogni sono desideri di felicità”, come nella favola di Cenerentola versione Walt Disney.
Progetto ZLS, la Val Polcevera nuovo set dell’illusionismo consolatorio
A oggi l’art. 7 è l’unico inapplicato della “legge Genova”, conseguente al crollo del Ponte Morandi. Prevede ad indennizzo una Zona Logistica Semplificata (ZLS) in Val Polcevera. Nell’occasione Genova tentò di ottenere il riconoscimento di ZES, Zona Economica Speciale, come le aree sottosviluppate del Meridione. Alla fine ci si accontentò di ottenere con la ZLS semplificazioni amministrative per attrarre nuovi insediamenti produttivi, creare zone franche, corridoi doganali e collegamenti con gli interporti dell’entroterra. L’idea-base era invertire la tendenza della merce containerizzata a transitare per il porto senza soste, intercettandola con l’offerta di ulteriori lavorazioni e servizi a valore aggiunto. Infatti, il postponement farebbe salire i ricavi per il territorio da 400 a 2/3mila euro per box, con concreti effetti occupazionali.
Ora siamo all’annuncio dell’avvio imminente della fantomatica ZLS e di imprese (per ora ignote) pronte a trasformare la Valpolcevera in “green logistic valley”. Per l’ennesima volta senza un pubblico dibattito sullo stato del territorio, corredato di dati statistici e verifiche dei processi trasformativi previsti. Per ora solo generici annunci senza impegno. Solo la solita boutade di Bucci sulle aree delle Acciaierie di Cornigliano, l’ultimo sito di produzione industriale cittadino, per scambiarle con promesse di insediamenti terziari di cui il più rilevante sarebbe il deposito di forniture navali, manco a dirlo MSC, già esistente in Val Polcevera. Inoltre, per dare lustro alle sue promesse, Bucci cita, ma senza nominarli, gli insediamenti logistici presenti e futuri nella valle che fu industriale. Peccato che nessuno di questi corrisponda all’obiettivo di aggiungere valore dalle merci del porto. Amazon a Campi, MSC a Manesseno, Sogegross prossimamente a Trasta, oltre a Esselunga nell’ex Mira Lanza, sono nel caso migliore strutture di ultimo miglio in città, altrimenti centri commerciali. Non certo procacciatrici di merce che esce dal porto creando nuova occupazione, bensì pure attività distributive finali. Al massimo, solo le forniture navali rientrano in porto, ma in questo caso il fornitore è anche l’armatore (e molto altro) e – perciò – tutto resta in casa sua. E se anche la merce fosse uscita dal porto, se ne è andata prima a Piacenza o Alba o nel milanese, a incamerare nuovo valore prima di fare ritorno.
Che dire allora dell’exploit di Bucci? Come conferma Toti, la Liguria è “Terra di fiction”.
Riccardo Degl’Innocenti
UNO SGUARDO DA LEVANTE
Cosa bolle in pentola nell’Est ligure? Testimonianze
ANAC boccia il progetto del biodigestore IREN a Levante
ANAC, autorità nazionale anticorruzione, ha bocciato il progetto del biodigestore a Saliceti, al confine tra Santo Stefano Magra e Vezzano Ligure. Ribadendo che non si poteva spostare il sito del nuovo impianto di trattamento rifiuti da Boscalino a Saliceti. E neanche aumentarne i volumi.
È sempre più complesso realizzare un biodigestore a lato del fiume Magra; esattamente al di sopra di una delle falde acquifere più importanti d’Italia, che rifornisce d’acqua potabile l’intera provincia della Spezia, oltre al grande traffico di camion per trasportare i rifiuti di mezza Liguria. Il timore dei cittadini di possibili sversamenti o infiltrazione di sostanze inquinanti nella falda acquifera era stato raccolto dalle due amministrazioni comunali interessate, che avevano fatto ricorso al TAR ligure. Regione Liguria era ricorsa al Consiglio di Stato, che inaspettatamente aveva ribaltato la sentenza del TAR.
Ora l’ANAC contesta lo spostamento del progetto originale, per il quale erano state date le autorizzazioni, i relativi finanziamenti pubblici e l’inserimento nel PNRR. Infatti il primo progetto prevedeva un impianto a Boscalino, nel comune di Arcola, nel lato che affaccia verso la Spezia. ANAC ha riconosciuto la tesi sostenuta dai comitati civici e dichiarato l’incongruenza del progetto rispetto all’oggetto del bando europeo 2016. Iren aveva vinto la gara, che però la impegnava a costruire il biodigestore a Boscalino di Arcola al posto del vecchio inceneritore, per un investimento di 7,7 milioni euro. Il progetto Saliceti, non previsto nel Piano d’area né dal Piano regionale 2018, ne incrementa di oltre il 30% il costo. Nonostante la clamorosa bocciatura da parte di ANAC, Toti e il fido assessore Giampedrone, con a rimorchio il presidente della provincia Peracchini, annunciano di voler proseguire nella realizzazione del colossale impianto, destinato a raccogliere i rifiuti non solo della provincia spezzina, ma del Tigullio e di buona parte della città di Genova.
Una dichiarazione, contestata in sede politica da PD, 5 Stelle, Lista Sansa e a livello locale dai comitati, che mostra arroganza e disprezzo del confronto con le popolazioni interessate.
Le cinque associazioni ricorrenti hanno messo in evidenza come l’affermazione di Toti che il biodigestore farebbe risparmiare sui costi di smaltimento rifiuti è clamorosamente falsa dati alla mano. Nel frattempo, a Cairo Montenotte i cittadini protestano contro i nauseabondi miasmi del biodigestore di IREN.
Nicola Caprioni
Homo Ligusticus Levantinus
La volta scorsa si è parlato del profilo antropologico dell’entroterra ligure a Levante. Ora parliamo della nostra presenza quali antropizzatori del territorio.
Il primo studioso che ha indagato il nostro paesaggio è stato Emilio Sereni; specificando che quando una comunità si stabilisce su di un territorio, avvia un’operazione complessa, manuale e culturale: la costruzione di un nuovo paesaggio. Frutto di un cammino millenario, in cui i primi neolitici si insediano su alte colline avviando i primi interventi. Ecco il punto: i terrazzamenti, le piane, i muri a secco, rappresentano il primo elemento del nostro paesaggio. Cercando riferimenti storici, possiamo riferirci all’evangelizzazione della Liguria a Levante, quando i frati di San Colombano scesero da Bobbio per cristianizzare questa terra. La loro particolarità era di essere sì monaci, ma anche contadini; perciò con il vangelo portarono anche le zappe. Fu un successo: l’intera zona del Levante Ligure, da Bobbio a proseguire verso l’Aveto, la Valle Graveglia, la Fontanabuona, il territorio di Carasco, praticando la nuova esperienza cristiana appresero nuove tecniche di colture che cambiarono lo scenario. In questo periodo – circa Ottavo secolo – le popolazioni locali erano ancora pagane e le loro preghiere erano quelle degli antichi rituali del canto dei “Maggi”: buon sole, acque tranquille e piogge leggere per grandi raccolti. Tutto recepito nei nuovi rituali: i maggi si cristianizzarono e si iniziò a praticare le processioni rituali nelle campagne, dove la comunità e il prete benedivano la terra. Il castigo del non santificare le feste era attribuito a cavallette, lumachine e altri insetti malefici che, come punizione divina, avrebbero divorato i raccolti. Dove crescono le comunità agricole appaiono nuove architetture religiose. Le micro-comunità, spesso ville o villaggi, devono comunicare tra loro e saranno fitte reti di viabilità, oggi indicate come sentieri, a permettere i trasporti e gli scambi. Dove passavano queste viabilità? Dappertutto! Dal mare ai monti, dalle colline alle più remote sedi oltre Appennino. Qui transitava il prezioso sale, le cui interminabili piste, talvolta europee, divenivano le vie del sale. Ecco, noi siamo da millenni questi ortolani e contadini, oggi cancellati dalle nuove narrazioni del marketing: la sintesi del genius loci diventa un mortaio gonfiabile in navigazione sul Tamigi. E il pesto lo stereotipo che riduce la nostra storia a banalità.
UNO SGUARDO DA PONENTE
Cosa bolle in pentola nell’Ovest ligure? Testimonianze
Con questo intervento iniziamo una ricostruzione dello storico antagonismo tra Genova e Savona.
En la ville de Savone pays du Roi – l’apogeo della città
Gli storici indicano nell’estate 1507 lo spartiacque tra un’ipotetica età dell’oro savonese e il risveglio definitivo di un conflitto con Genova; tra sottomissione e aspirazioni autonomistiche. Gli ultimi bagliori di Savona, in quel momento al centro del concerto mondiale prima della catastrofe del 1528. In quanto eletta a sede dell’incontro tra i due più potenti monarchi dell’Europa rinascimentale – Ferdinando d’Aragona e Luigi XII di Francia – anche per la felice coincidenza che sul soglio pontificio sedeva un papa savonese, Giulio II della Rovere, il nipote di Sisto IV prodigo di benefici verso parenti e concittadini. In ogni caso una scelta di location non casuale da parte del proponente re spagnolo, sebbene (o per questo) considerata “territorio francese”. Del resto l’opzione alternativa – Genova – non era praticabile in quanto all’ombra della Lanterna si stava consumando la rivolta dei popolari contro lo strapotere nobiliare.
Sicché il 28 giugno davanti ai savonesi si materializzò uno spettacolo straordinario: il corteo guidato dai due monarchi. Il seguito del re di Spagna era composto da 1.400 persone. Informato di ciò, il sovrano francese aveva ridotto il numero dei propri accompagnatori, in considerazione delle capienze ridotte della sede. Ma, come descritto dallo studioso di storia patria Riccardo Musso, «nonostante i tagli imposti dal sovrano, il corteggio era pur sempre imponente, tanto che carriaggi e cavalcature dovettero essere fermati a Lavagnola. Tra i personaggi del seguito figuravano, oltre al vescovo d’Albi, altri quattro cardinali e alcuni dei più bei nomi della nobiltà di Francia e Italia: principi di sangue, grandi feudatari oltre al luogotenente di Lombardia, ai marchesi di Mantova e di Monferrato, agli ambasciatori di Firenze, Venezia, Genova, Pisa e Lucca». Il Re di Francia alloggiò in vescovado, Ferdinando nel Castello di San Giorgio, mentre la regina nel palazzo dei Della Rovere. E quello di Savona fu un grande successo coreografico. Purtroppo privo di contropartite politiche. Infatti i savonesi tentarono di coinvolgere il re francese nel clima politico locale, caratterizzato dal contrasto con Genova. In quanto Luigi era signore feudale di entrambe le città. Il monarca assicurò ai savonesi di considerarli “fedeli sudditi”, rimandando la decisione relativa all’autonomia della città. Dunque un pronunciamento che rimase lettera morta, acuendo il contrasto tra i due porti liguri, prossimo a trasformarsi in guerra vera e propria.
Pierfranco Pellizzetti (continua)
PASSEGGIATE D’ARTE
Le bellezze dimenticate da riscoprire
Suggestioni di Liguria: la Basilica dei Fieschi a San Salvatore di Cogorno
Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam! Ecco come i Templari, custodi della Basilica dei Fieschi a San Salvatore di Cogorno accoglievano i visitatori. Questa Chiesa, diventata nel 1860 monumento nazionale, ha dignità di basilica minore e risale alla metà del XIII secolo. Fondata da Sinibaldo Fieschi (futuro papa Innocenzo IV) e terminata da Ottobono Fieschi (futuro Papa Adriano V). Lo stile è un mix di romanico e gotico, con abbondante utilizzo di pietra di lavagna alternata a strisce di marmo bianco. Al centro della facciata colpisce il grande rosone in marmo bianco e colonne concentriche, con archetti gotici e romanici. L’architrave del portale reca un’iscrizione relativa alla fondazione del tempio mentre nella lunetta è dipinto un affresco del XV secolo dedicato alla Crocefissione. Il campanile si erge come una possente torre quadrangolare con quadrifore, mentre la cuspide centrale è accompagnata ai quattro lati da altrettante guglie. L’interno, a tre navate separate da filari di colonne in pietra con capitelli particolarmente decorati, prende luce da piccole aperture alcune in forma di croce lungo le pareti laterali e da ampie monofore e croci nelle parti absidali e lungo le pareti centrali. Tra le reliquie conservate nella basilica troviamo i frammenti della Vera Croce di Gesù, dono di Papa Adriano V. Ma è in agosto che si può fruire al meglio la magia del luogo e il ricordo di antichi fasti, infatti il sagrato della basilica a risseu (mosaico acciottolato con sassolini bianchi, neri e in questo caso pure rossi) ospita “l’Addio do fantin”: la rievocazione del celebre addio al celibato del conte Opizzo Fiesco con musica, danze e animazioni medievali, culminate con la “Torta dei Fieschi” a Lavagna, il famoso gioco delle coppie e la ricerca dell'”anima gemella” tra musica, sbandieratori e ovviamente la torta. La festa ricorda l’unione, che sarebbe stata celebrata nel 1230, tra il conte Opizzo e Bianca de’ Bianchi, giovane dama nobile originaria di Siena. Le cronache dell’epoca narrano di un fastoso matrimonio (ma non c’è certezza sull’identità degli sposi) per il quale la famiglia Fieschi non aveva badato a spese. Pare che nessuno a Lavagna avesse mai assistito a un evento così ricco, preceduto da un banchetto cui presero parte i cavalieri e si festeggiò tutta la notte. Fino al tanto sospirato “sì”, celebrato da una magnifica torta. Anche questa è Liguria: arte e paesaggio, ma anche miti, sogni e misteri.
Orietta Sammarruco
GENOVA MADRE MATRIGNA
Al centro di una regione centrifuga
I mercati coperti, scheletri insensati o preziose reliquie?
A fine ‘800 compaiono a Genova i primi mercati coperti in ferro, ghisa e vetro, imponenti strutture non prive di grazia liberty, che invadono alcune storiche piazze: il Carmine, Statuto, Di Negro, Sarzano. Io appartengo alla generazione che vive la morte di mercati e botteghe di prossimità quale minaccia alla coesione sociale e dolorosa perdita di vivacità umana e materiale nelle nostre vie. Trovo angosciante l’avvento dell’età digitale, dove l’e-commerce dei grandi oligopoli irrompe globalizzante depersonalizzando lo storico rapporto di scambio. Ciò nonostante non si può fermare il futuro, per quanto poco lo si trovi affine al nostro bagaglio culturale e sentimentale, per cui si impone un serio ripensamento su un uso compatibile con la conservazione di queste immense cattedrali annonarie. Troppi tentativi sono falliti, in tutta Italia, nella ricerca di nuove destinazioni di utilizzo perché si parte sempre dalla fine e non dall’inizio del ragionamento. Che inizia dalla compatibilità urbanistica con una città continuamente mutevole nelle sue necessità. Dunque, cominciamo col dire che Genova oggi ha conquistato una vocazione turistica – sconosciuta all’epoca – che impone nuova cura del territorio, nuovi collegamenti strategici con i poli da visitare, nuove visuali. La necessità di profondi cambiamenti, avvertita, temuta e rinnegata dai genovesi, porta ad una frenetica e nostalgica riproposizione fasulla di tutto quanto ci collega al passato contadino, con un fiorire ovunque di bancarelle agroalimentari, pseudo antiquariali o semplicemente miserabili, che offendono la dignità stessa della nostra Superba storia. Va da sé che le enormi strutture dei mercati ottocenteschi non hanno più motivo di esistere, umiliandosi a divenire scheletri insensati che deturpano piazze storiche. Cito ad esempio il nero monstrum agricolo (inutilizzato) di piazza dello Statuto che impedisce l’utilizzo della piazza- debitamente ristrutturata – a giardino di accesso a Palazzo Reale dal porto antico, dove gravitano i flussi turistici.
La deliziosa piazzetta del Carmine, privata del mercato, riacquisterebbe luce e decoro; basterebbero due platani, alcune panchine e una nuova pavimentazione per farne uno degli angoli più seducenti di Genova. Si parta quindi dall’inizio, cioè dalla domanda fondamentale: quali smontare, per poi rimontare in più consoni siti, e quali conservare. Tenendo ben presente che il vero restauro “conservativo” deve conservare la vita, prima che le strutture.
Marina Montolivo Poletti