SAPERE PER DECIDERE
CONTROINFORMAZIONE LIGURE
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Numero 17, 29 febbraio 2024
Indice
- SPIFFERI
- C’È POSTA PER NOI
- ECO DALLA RETE
- ECO DELLA STAMPA
- GLI ARGOMENTI DEL GIORNO
- AMBIENTE
- POLITICA E ISTITUZIONI
- SPAZIO E PORTI
- SALUTE E SANITÀ
- FATTI E MISFATTI
- UNO SGUARDO DA LEVANTE
- UNO SGUARDO DA PONENTE
- PASSEGGIATE D’ARTE
- GENOVA MADRE MATRIGNA
SPIFFERI
Così va il mondo, a Genova come Firenze?
Apprendendo la mattanza di operai assunti senza contratto nel cantiere Esselunga di Firenze, si direbbe che ai lavoratori genovesi sia persino andata bene. Visto che la ditta appaltatrice è la stessa dell’Esselunga-San Benigno (sul cui cantiere la magistratura indaga dall’anno scorso per due incidenti: il crollo di un solaio e poi di una cancellata, che aveva colpito un operaio finito all’ospedale). Postumi della guerra locale tra colossi della distribuzione e i loro sponsor politici: le Coop care a Beppe Pericu e l’Esselunga gradita a Giovanni Toti. Per fortuna quella volta non ci scappò il morto. Anche se è prevedibile che Toti non avrebbe fatto una piega. Come a inizio Covid, quando invitava a non preoccuparsi: il morbo colpiva anziani “non indispensabili allo sforzo produttivo”.
Occhio alle truffe!
Volete una bella casa in affitto a prezzi contenuti? Ecco fatto: ce n’è una a Sampierdarena, in via Mignone a 450 euro al mese, quattro locali ottanta mq. Si può chiamare per informazioni. Ma attenzione: non si tratta né di un’agenzia né di un privato. Vai a trovarli e ti chiedono solo 250 euro…per darti delle informazioni che nel 99% dei casi non corrispondono che a case già affittate o di cui i proprietari non sanno niente. È un sistema border line, un acchiappa gonzi, che una trasmissione delle Iene ha recentemente fatto saltare fuori, ma già annusato dai più accorti alla ricerca di appartamenti in affitto. Quindi, come servizio di informazione, anzi di Controinformazione, attenti, occhio alla richiesta: dietro i 250 euro di solito non c’è nulla. Provare per credere, basta chiamare.
la famosa caditoia
A proposito dei geniacci alla guida del Comune di Genova
Finalmente è piovuto e i genovesi hanno verificato un’altra schifezza perpetrata in piazza Portello, ridotta a rumentaio; e la superficialità dei controlli comunali. Eppure già al primo anno della scuola geometri si insegna che nelle depressioni dei percorsi all’aperto bisogna prevedere caditoie (l’elemento del sistema di drenaggio urbano che serve a intercettare le acque pluviali). Ma il genio che ha progettato l’attraversamento pedonale tra la profumeria e la fermata degli autobus li ha dimenticati. Così i pedoni che vogliono attraversare la strada devono saltare due pozze (una per lato) larghe almeno un metro e profonde sui venticinque centimetri. Ma il Comune si pregia di informarci che il cantiere non è ancora terminato: Fantastico: solo dieci mesi di ritardo rispetto ai programmi.
C’È POSTA PER NOI
Il nostro amico Roberto Guarino ci scrive:
Marchette a go-go
Passo spesso a piedi in pazza De Ferrari a Genova, dove la stazione del metro è stata chiamata “De Ferrari Hitachi”, dal nome di chi aveva fornito i treni. Allora ho pensato perché non chiamare le altre stazioni “Brignole ABB” e “Principe Alstrom”? Così, tanto per non fare torto a nessuno. Poi si potrebbe andare avanti coi capolinea dei bus: “Sampierdarena Iveco” oppure “Capolungo Inbus”. In nessuna città del mondo hanno chiamato le stazioni della metro con il nome dello sponsor. Quando per quattro lire si svende l’identità cittadina è segno che siamo alla frutta!
Roberto Guarino
Un appuntamento da non perdere:
Comune di Cervo Comitato Arte Mostre Cervo – Oratorio di Santa Caterina Sabato 9 marzo 2024 ore 17 Presentazione del libro di Orietta Sammarruco IL MUSEO CHE NON C’È Dialoga con l’Autrice la Prof. Antonella Martina Informazioni e prenotazioni:IAT di Cervo 0183-406462 interno 3 |
Riceviamo questa mail “fuorisacco” dalla nostra redattrice Nuccia Canevarollo:
L’emergenza psichiatria in Liguria si aggrava
In questi giorni ha destato un certo clamore la notizia delle dimissioni dello psichiatra Direttore della Salute mentale del Distretto di Levante, che ha espresso il suo rammarico per lo stato delle condizioni di lavoro degli psichiatri, che oltre a dover affrontare, spesso da soli, situazioni aggressive e violente, ne subiscono talora le conseguenze giudiziarie, possiamo aggiungere in un panorama regionale in cui la mancanza di psichiatri sta diventando un’emergenza.
Nuccia Canevarollo
ECO DALLA RETE
Le associazioni ambientaliste genovesi – martedì 20 febbraio 2024 – hanno stilato il seguente documento a seguito dell’incontro a Tursi sulla politica comunale per il verde pubblico.
Piano del Verde del Comune di Genova: non va, sotto tutti i punti di vista
La legge nazionale prescrive che i comuni attuino un “censimento del verde” e si dotino di un “regolamento del verde” e di un “piano”. Ad oggi la situazione genovese è che:
– Il “censimento del verde” è stato completato sino al dicembre 2021. L’aggiornamento è in corso, ma il censimento almeno al 2021 non è consultabile dai cittadini perché non inserito nel portale del Comune. Una mancanza di trasparenza incomprensibile;
– Il “regolamento del verde” in vigore, nonostante sia anni che le associazioni lo richiedono, non ha visto alcuni indispensabili correttivi che lo potrebbero rendere più efficace per la tutela del patrimonio esistente, non ultimo quello storico (viali otto-novecenteschi, circonvallazione a monte);
– La gestione ordinaria del verde pubblico, urbano e non, appare quantomeno discutibile, con decine e decine di alberature tagliate e non più reintegrate;
– Non meno discutibile la gestione delle pratiche edilizie sul tema del verde privato, un vero e proprio “buco nero”, di cui manca un’anagrafe;
– A fronte di un bilancio negativo rispetto alla gestione dell’ordinario e all’incremento diffuso del verde urbano, il Comune propone “futurevoli” parchi dai costi plurimilionari, funzionali all’immagine piuttosto che al reale miglioramento della qualità ambientale e incremento del verde in tutta la città;
– Proseguono le cementificazioni e impermeabilizzazioni del suolo;
– Per quanto riguarda il verde periurbano, in nome dell’accessibilità, si stanno realizzando interventi di sbancamento di sentieri e percorsi escursionistici;
– E a cornice del tutto una situazione di incomunicabilità tra i vari servizi comunali cittadini, aggravata dalla scomparsa di una forte struttura comunale del verde e dalla gestione esterna di ASTER, che assorbe maggiori risorse di una gestione interna, risorse che mancano.
In questo panorama sconfortante si inserisce il piano del verde, che dovrebbe dare le linee guida sulla politica del verde in città, ma quanto sta prendendo forma non sembra essere la risposta alla richiesta di avere una pianificazione attesa da quasi 15 anni, quanto piuttosto uno strumento necessario “ai privati” per programmare i loro interventi e per lo sviluppo economico della città stessa, come ha di fatto dichiarato l’Assessore Mascia in consiglio comunale. Insomma, il piano del verde come inevitabile e obbligato passaggio burocratico per poter mettere mano al Piano Urbanistico Comunale (PUC), che senza un piano del verde non potrebbe essere approvato.
ECO DELLA STAMPA
Michela Bompani scriveva su Repubblica-Genova del 29 ottobre scorso questa inchiesta premonitrice, che ci sembra opportuna riproporre alla luce di quanto poteva succedere nel cantiere di San Benigno ed è successo a Firenze. Ne riportiamo un ampio stralcio.
A Genova solo 15 ispettori del lavoro per 70mila imprese
«Ci sono 15 ispettori del lavoro per circa 70mila imprese in tutta la Città metropolitana di Genova. Per garantire un controllo adeguato sulle aziende, sul rispetto delle normative e della sicurezza dei lavoratori. ‘Ce ne vorrebbero il triplo’, denuncia Luca Infantino, segretario generale della Funzione pubblica Cgil d Genova. Ad aggravare la situazione, poi, c’è anche la pesante carenza di personale amministrativo, dove mancano almeno una ventina di operatori: questo non solo apre voragini nelle pratiche da sbrigare e allunga i tempi, ma spesso costringe gli ispettori a occuparsi anche di questo aspetto, che non dovrebbero svolgere, sottraendo ulteriormente tempo e spazio alle importantissime ispezioni. ‘Il servizio è ridotto al lumicino, nella Città Metropolitana servirebbero, almeno, 45 ispettori’. La situazione potrebbe migliorare, visto che si stanno formando in Liguria, dieci nuovi ispettori, ma i tempi non sono brevi: ‘prima che i nuovi ispettori siano in grado di svolgere il proprio compito passeranno almeno sei mesi. Poi, anche quando entreranno in servizio, non sappiamo quanto rimarranno in Liguria: hanno provenienze soprattutto dal Sud Italia ed è plausibile che chiedano un avvicinamento quanto prima. E Genova rimarrà scoperta di nuovo’. A questo si aggiunge un ulteriore carico di lavoro che dal Covid si è riversato sugli ispettori: ‘durante la pandemia firmammo un protocollo d’intesa, tra i nostri ispettori, Asl, carabinieri, vigili del fuoco e prefetto. Ciò rappresenta un ulteriore carico di lavoro per un organico falcidiato’. Aggrava il bilancio già pesante l’assenza dell’accordo sull’elemento perequativo, che fa mancare una voce in busta paga. Infine ci sono le dotazioni, come le vetture: insufficienti a supportare il pur scarso personale in servizio. Succede sovente che se arrivano due richieste contemporanee, un ispettore debba attendere finché un altro collega rientri dal proprio servizio per intervenire’. [Per questo è stato indetto uno sciopero]. ‘Ci aspettiamo la piena solidarietà della Regione e dei Comuni – dice Infantino – perché sono inutili i proclami e le denunce davanti ai sempre più numerosi incidenti sul lavoro, quando non si fa nulla per contrastarli, anche con l’azione degli ispettori del lavoro. È cruciale ribadire che l’attività dell’ispettorato, la lotta al lavoro nero e allo sfruttamento si può concretizzare valorizzando il personale e favorendo nuove assunzioni. Servono innanzitutto investimenti».
Michela Bompani
GLI ARGOMENTI DEL GIORNO
LA LINEA GENERALE
Una visione d’insieme sullo stato dell’arte regionale
Abbiamo chiesto al nostro collaboratore Roberto Guarino, ingegnere di lungo corso in aziende impiantistiche leader quali Italimpianti e Techint, di commentare – alla luce di recenti tragedie – il terribile fenomeno delle morti bianche in Italia. Che l’anno scorso ha sfiorato proprio gli operai al lavoro nel cantiere genovese di San Benigno.
Per la sicurezza sul lavoro: consigli (non richiesti) ai governanti
Qualche informazione generale sul tema, concludendo con un flash sulla Liguria. Per evitare che si ripetano tragedie come quella di Firenze.
Infatti, davanti a quanto accaduto il 9 febbraio nel cantiere Esselunga, è partito subito il coro di inesattezza sulle regole da inasprire. Niente di più sbagliato. Come tecnico di lungo corso conosco le regole e sono orgoglioso di potere dire che quelle italiane sono valide. Come al solito il problema sono i controlli. In dettaglio: nelle gare pubbliche “al massimo ribasso” esistono due voci: i) base d’asta, ii) importo per la sicurezza. Per vincere la gara si possono ribassare gli importi base ma non quello per la sicurezza. Ed ecco il primo inghippo. Chi controlla che gli importi per la sicurezza vengano effettivamente spesi per il loro scopo? Nessuno.
Secondo inghippo: i professionisti “responsabili per la sicurezza” vengono assoldati e “pagati” dall’appaltatore stesso. Ossia il controllore è retribuito dal controllato! Vedi tu che livello di controllo può essere garantito. Questa sarebbe la prima regola da cambiare. Il controllore andrebbe ingaggiato e pagato dalle Stazioni Appaltanti; che dovrebbero assumersene la responsabilità. Impegno da cui costoro rifuggono.
Sempre parlando di regole, in Italia esistono tre figure responsabili della sicurezza i) della progettazione, ii) della esecuzione (in fabbrica), iii) della costruzione (in cantiere). E qui si coniugano i concetti di sicurezza e qualità; visto che la qualità di progettazione del pilastro che ha ceduto avrebbe garantito anche la sicurezza, idem la qualità della sua prefabbricazione e pure la qualità della sua posa in opera.
Infine, una regola senza sanzione è inutile. Quando la Giustizia Italiana (tra una decina d’anni?) individuerà i responsabili – perché qualche responsabile dovrà pure esserci – le pene devono essere pari a quelle dell’omicidio. Non una bacchettata sulle dita. Vale sempre la massima: hai voluto la bicicletta? Ora pedala.
Ovvero: hai voluto l’incarico (e preso la paga) di responsabile? Se hai sbagliato paghi.
Infine alcuni aspetti liguri. Fortunatamente il mega cantiere del Ponte San Giorgio e quello del Waterfront a Levante non hanno registrato incidenti. C’è da chiedersi come mai. La risposta è perché tutto si è svolto e si svolge sotto gli occhi della pubblica opinione. Sicché conviene anche agli operatori stare attenti e non farsi cattiva pubblicità. Morale: il primo controllore sono i cittadini informati.
Roberto Guarino
Delle tre icone salvifiche genovesi – Fabrizio De André, Don Gallo e Renzo Piano – solo l’architetto senatore a vita sopravvive (alla signora con la falce e alle imboscate del pacchetto di mischia dei leghisti di Matteo Salvini). Ce ne offre un ritratto fuori dagli schemi la nostra Marina Montolivo Poletti. Al netto delle teatralità dei “doni ai genovesi” (affresco, ponte et similia). Sostanzialmente retoriche inutili, visto che un capitalista dovrebbe aver chiaro che in questa epoca ciò che non ha prezzo non ha valore. Per cui qualcuno scrisse “Timeo Pianos et dona ferentes”.
Fenomenologia di Renzo Piano, non archistar ma imprenditore di idee
Non è un’archistar. Neppure un accademico: “lo stile è una gabbia” in cui non vuole essere confinato. Nasce a Genova nel ’37 da un costruttore e bambino gioca con la sabbia dei cantieri, osservando muri crescere con la perfetta e perduta maestria dei muratori. Apprende da Albini e Zanuso la passione artigiana per i dettagli, si nutre del sogno di Louis Khan. Investe soldi nelle idee, che poi riversa nel progetto che gli darà la fama: il Beauburg parigino, “macchina high-tech priva di carrozzeria”. Fabbrica della cultura sdoganata da ogni seriosità. Non abbandona mai la sua passione per lo spazio urbano “la città è un luogo in cui lo scambio è fisico e intenso, non virtuale”. Ed ecco Potsdamer platz, Columbia University N.Y, il Porto Antico a Genova. La sua passione per l’acqua: “l’acqua trasmette vibrazioni, raddoppia le immagini, restituisce la complessità della visione”. Strumento per ideare nuovi paesaggi, fra natura e artificio: Nemo e l’Aeroporto Kansal. Poi centro culturale in nuova Caledonia. Qui utilizza la cultura canaca coniugata con le più avanzate tecnologie per non tradire il genius loci e il rapporto animista che legava questi popoli alla natura. La sua passione per la luce: la luce è leggerezza. “L’idea di leggerezza ha a che fare con la meravigliosa tensione che esiste tra durata e transitorietà. L’effimero è bellezza allo stato puro”. Ed ecco lo Shard di Londra, scheggia di vetro colorata dalla luce dell’alba e del tramonto. La sua architettura non riconducibile è ad alcuna scuola o stile, è un’interazione artigiana fra tecnologia e poesia: “L’architettura non può che essere umanistica”. Renzo Piano è talmente lontano dallo star-system da essere spesso inviso agli architetti in quanto non collocabile, non afferrabile; il più criticato dai mediocri e dagli invidiosi. In assenza di argomenti, gli viene addebitato persino il dono di un’idea progettuale alla sua città: con l’insopportabile retorica che – chissà perché – uno dei più grandi architetti al mondo non debba essere pagato laddove il Comune, grato dell’omaggio del progetto di massima, decida di affidargli la realizzazione esecutiva. Al di là della produzione architettonica, io amo in Renzo Piano l’assenza di autocelebrazione narcisista tipica delle archistar, l’assenza di retorica progettuale e divulgativa, la curiosità sperimentale che mai l’ha abbandonato e il sogno ideale sul ruolo dell’architetto: “Tu non devi guardare gli edifici, ma gli occhi della gente che guarda gli edifici”.
Marina Montolivo Poletti
AMBIENTE
La fragile bellezza di uno spazio sotto costante attacco
A proposito delle guerre per l’ambiente a Levante
Prendiamo atto che non si attenua il conflitto sulle ristrutturazioni in corso a Portovenere sul Muzzerone, di cui riportiamo due testimonianze pervenuteci da residenti.
Nicola Caprioni
Spettabile redazione,
seguiamo da tempo i numerosi interventi edilizi nella zona collinare di Porto Venere, confinante con la zona UNESCO. Un frequentissimo susseguirsi di voli di elicottero, con carichi pendenti anche in prossimità dell’abitato, ha evidenziato essere in atto una importante attività edile. Il 28 gennaio u.s. un articolo del Fatto quotidiano confermava con una dettagliata indagine giornalistica quanto stava avvenendo. Successivamente un primo articolo di Controinformazione Ligure confermavano tali attività. Nel numero seguente lo stesso quindicinale pubblicava una smentita che evidentemente prescindeva da quanto già segnalato e che non spiegava il voluminoso e documentato trasporto di materiale edile sulle pendici del monte Muzzerone. In questo secondo articolo, che probabilmente dava spazio alla replica del committente dei lavori, si forniva una versione assai più ecologica e agricola per minimizzare quanto stava avvenendo. Un successivo sopraluogo congiunto dei Carabinieri forestali e dell’Area urbanistica del Comune accertava ben altro. Quindi il 19 febbraio l’Ufficio tecnico del Comune emetteva l’ordinanza n°.1 che accertava la presenza di opere edilizie non autorizzate. Veniva quindi avvalorato quanto già segnalato dalla stampa e veniva imposta l’immediata sospensione dei lavori. Anche un articolo del Secolo XIX del 20-2-2024 riprendeva la notizia sulla base dell’atto amministrativo.
Chiaramente la bellezza dei luoghi attira gli amanti della natura ma anche la speculazione che ne comprometterebbe irreversibilmente le caratteristiche per le quali il Comune di Porto Venere dal 1997 può fregiarsi del patrocinio UNESCO.
Enrico Ovaleo Pandolfo
Buongiorno, il sottoscritto vi scrive per informarvi che aveva molto apprezzato il vs. primo articolo sul tema in oggetto, e che è rimasto molto deluso dalla vs. successiva rettifica.
La storiella del recupero delle attività agricole e della protezione idrogeologica attraverso l’apertura di strade carrozzabili sul Muzzerone , da usare magari anche da presunti disabili, viene usata da anni ,e non solo qui, per promuovere una riantropizzazione e turistizzazione selvaggia. Questa storiella è poi stata fortunatamente smascherata dalla scoperta delle irregolarità edilizie messe in evidenza dal recentissimo blocco comunale dei lavori in corso da parte dei personaggi da voi citati nei vs. articoli.
Alle Cinque Terre, con la costituzione del locale Parco Nazionale, a cui colpevolmente le precedenti amministrazioni non hanno voluto aderire, sono riusciti a bloccare quegli sviluppi, almeno a monte, utilizzando per i pochi terreni agricoli rimasti, collegamenti con cremagliere, da imitare anche sul Muzzerone. Il golfo di Portovenere, comprendente Muzzerone ed isola Palmaria, patrimonio dell’umanità, e felice eccezione in Italia. deve rimanere verde di giorno e buio di notte!
Michele Salvi
Dopodiché, a seguito dell’avvenuto sopralluogo dell’area Urbanistica ed Edilizia comunale, l’amministrazione di Portovenere – il 19 febbraio scorso – ha emesso la seguente ordinanza, con cui intima di SOSPENDERE CON EFFETTO IMMEDIATO OGNI QUALSIASI LAVORO, INTERVENTO, ALLESTIMENTO ED APPRESTAMENTO IN CORSO SUGLI IMMOBILI DI CUI IN PREMESSA CENSITI AL C.F. FOGLIO 9, MAPPALE 1024 SOTTO LE COMMINATORIE DI CUI ALL’ART. 44 DEL D.P.R. 6 GIUGNO 2001 N. 380, SALVE ED IMPREGIUDICATE LE SANZIONI PENALI DI CUI ALLA STESSA DISPOSIZIONE LEGISLATIVA E DI CUI AL D.LGS. 42/2004.
POLITICA E ISTITUZIONI
Lo stato dell’arte delle regole e delle pratiche pubbliche
Se l’annullamento in Cassazione della sentenza genovese sui poliziotti picchiatori di cronisti, riguarda la sua motivazione, ci attendiamo che la riformulazione da parte del nostro tribunale confermi la colpevolezza di tali comportamenti. Particolarmente in questi giorni, in cui si ripetono pestaggi di studenti inermi da parte di forze dell’ordine vogliose di menare le mani; e che si direbbe si sentano autorizzate a farlo dal vigente clima politico. Come al tempo di un terribile G8 genovese.
Oltre che a Berlino e Roma, ci sono giudici a Genova?
Per fortuna ci sono giudici non solo a Berlino, ma anche a Roma.
La sentenza della Corte di Cassazione n.37, 11 gennaio 2024, ha fatto giustizia di una decisione della Corte d’Appello genovese che aveva condannato alla pena di 2.582 euro quattro agenti della Polizia di Stato, colpevoli di avere aggredito con manganellate e calci un giornalista presente alla manifestazione genovese di protesta contro un comizio di Casa Pound. I poliziotti avevano infierito sul cronista caduto a terra, causandogli lesioni gravi; sino all’intervento di un vice questore che – riconoscendolo – lo aveva protetto.
L’imputazione era lesioni per eccesso colposo avendo ritenuto erroneamente che la situazione giustificasse l’uso delle armi (nella specie il manganello). La Cassazione ha annullato la sentenza, per carenza logica nella motivazione, rinviando il giudizio davanti ad altra sezione della stessa Corte d’Appello.
Decisione importante anche in relazione al recente moltiplicarsi, da parte degli organi incaricati dell’ordine pubblico, di comportamenti ingiustificatamente violenti nei confronti di manifestanti inermi. I giudici romani hanno tracciato la ‘linea rossa’ che separa un ricorso legittimo e quindi scusabile alla violenza armata, dai casi, sempre più frequenti nelle nostre piazze, in cui l’uso delle armi (e il manganello lo è per legge) nei confronti di cittadini inermi appare ingiustificato e tale da costituire reato.
Il primo richiamo è all’articolo 3 della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, da rispettarsi in ogni caso e circostanza, si tratti di manifestanti o di estranei alla manifestazione. In secondo luogo, i giudici romani ribadiscono che non è mai ammesso il ricorso alle armi con scopi punitivi, o anche solo per intimidire manifestanti.
In terzo luogo, chi opera professionalmente in servizi di ordine pubblico dev’essere in grado di valutare la gravità della situazione – individuale e del contesto in cui si opera – in relazione al ricorso alle armi; da ritenersi extrema ratio in casi di effettivo pericolo, per l’agente come per altre persone.
In quarto luogo, pur in presenza di una situazione di pericolo – effettivo o non irragionevolmente ritenuto tale – l’agente deve attenersi a criteri di stretta proporzionalità nell’uso delle armi. Se la persona che minaccia è già ridotta all’impotenza, tale ricorso non è più necessario. Così, la Cassazione fornisce una non superflua indicazione su cosa distingue una ‘civiltà di Stato’ da uno ‘Stato di polizia’.
Michele Marchesiello
ASL5 e Regione Liguria buttano al vento milioni
Dopo che la ASL 5 ha versato 3 milioni di Euro per la presunta realizzazione del nuovo ospedale del Felettino, dopo le assicurazioni di Toti e le centinaia di prime pietre posate, arriva una notizia che dovrebbe far riflettere tutti i cittadini dotati di buon senso.
La ASL 5 ha affidato l’incarico per la realizzazione dei nuovi reparti di neurologia e psichiatria dell’ospedale spezzino nella vecchia area del S. Andrea. Il costo, riportano i giornali, “dovrebbe oscillare tra i 4 e i 5 milioni”. L’intervento si rende necessario dopo che il vecchio e decrepito padiglione, che ospitava i due reparti era stato dichiarato inagibile a causa del pericolo di crollo del tetto. Sembra che la nuova struttura debba essere realizzata in un’area attualmente divisa tra parcheggio e zona verde.
Sorgono alcune domande spontanee. Perché si continua a investire in una struttura fatiscente e inadeguata come l’ospedale S. Andrea? Se si costruirà davvero il nuovo ospedale del Felettino, che bisogno c’era di spendere tanti soldi per una struttura provvisoria? Quanti anni dovrebbe durare la nuova struttura?
La ASL 5 non ha a bilancio le risorse economiche per affrontare la spesa. Dunque, se la Regione Liguria non versa un contributo, sarà necessario un drammatico e ulteriore taglio di servizi e prestazioni, già ad ora molto carenti, ai danni dei cittadini.
Era molto più semplice e non comportava alcun costo, trasferire i due reparti nel complesso dell’ospedale San Bartolomeo di Sarzana, in un edificio moderno e funzionale, con grandi spazi vuoti e inutilizzati, sino a quando non sarà pronto il nuovo Felettino.
Perché buttate al vento i soldi dei cittadini?
Nicola Caprioni
SPAZIO E PORTI
Traffici e infrastrutture nella prima industria ligure
Sua Maestà Aponte riceve i vassalli a Palazzo
Scena solenne quella ripresa dall’ufficio stampa di Regione Liguria. Il set è la Sala dei Protettori di Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Ligure occidentale. Il primo a sinistra è il padrone di casa: il Commissario con funzioni di Presidente Paolo Piacenza, che ascolta il Sindaco Bucci mentre spiega a Gianluigi Aponte, vero dominus dello scalo genovese, il nuovo Piano regolatore. Spetterebbe a Piacenza illustrare il Progetto, non a Bucci. Ma la sua invadenza espropria ogni funzione.
Quindi i protagonisti sono Aponte e Bucci, gli altri solo comparse. Pure Rixi, erede dei Protettori come rappresentante dello Stato finanziatore di Autorità portuale. I nobili Protettori componevano il “board” del Banco San Giorgio. Gli odierni Aponte, salvo che oggi i soldi li mettono i cittadini; l’armatore gestisce il business a piacimento.
Nella foto Bucci indica il ponente del waterfront. Magari spiega che vorrebbe concentrarvi l’area industriale, liberando il levante borghese. La sua idea di Genova, cara agli immobiliaristi. Eletto nel 2017 Bucci dichiarò: “Genova può diventare il più bel sobborgo di Milano, nel 2022 sarà completato il Terzo valico, per arrivare a Milano ci vorranno 45 minuti: piuttosto che vivere ad Abbiategrasso, si potrà fare i pendolari da Genova”. Per questo vuole ampliare il porto di Prà, per offrire rifugio al PSA di Calata Sanità, concessionario di una banchina molto appetita: dalle crociere di Costa o MSC di Aponte, ai roro di Grimaldi, a quelli di GNV dello stesso Aponte; che col suo terminal container di Bettolo guadagnerebbe l’intero parco ferroviario, in attesa di consolidarsi nelle banchine adiacenti l’ormai ex terminal rinfuse.
Una visione della città che a Levante espone “virtù” e a Ponente dispone “servitù”.
L’immagine ha un altro pregio, magari fortuito. Sullo sfondo mostra un pregevole camino del ‘500 sovrastato dal motto latino “quid magis potuit”, cosa avrebbe potuto fare di più? Va detto che la decorazione della sala si ispira al fuoco e un medaglione sull’architrave raffigura l’intrepido Muzio Scevola che sul braciere sacrifica il braccio di fronte a Porsenna.
Mi chiedo se Bucci, già indomito combattente sul Ponte Morandi alla Orazio Coclite, ora si identifichi in Muzio Scevola. Si dice che ambisca la prossima corona di Presidente dell’Autorità portuale. Dietro tanto ardire ci sarebbe quanto D’Annunzio scrisse visitando la sala? “Chi stenderà la mano sopra il fuoco avrà quel fuoco per incoronarsi”.
Riccardo Degl’Innocenti
SALUTE E SANITÀ
La prima tutela in una regione che invecchia
La sanità in Liguria, tra autocelebrazioni e fiaschi
I giornali locali e nazionali ripetono giorno dopo giorno che la sanità è diventata il principale problema italiano per 9 cittadini su 10; i quali hanno compreso il grave rischio di perdere il diritto costituzionale alla salute. La causa è la cattiva gestione politica degli ultimi 15 anni, sorda a ogni tipo di allarme, che ha portato di recente la Corte dei Conti a denunciare la crisi di sostenibilità del SSN; aggravata dai tanti differenti sistemi regionali alla rincorsa permanente del mercato. In Liguria i titoli dei media vanno dalla denuncia del rosso in cui versano le casse della Regione alle minacce di affidare a KPMG la gestione economica delle ASL, dall’ennesimo allarme su liste d’attesa che non migliorano all’SOS per la trasformazione della sanità ligure nel “core business dei privati”. Tra tutti i problemi che affliggono il SSN, le liste d’attesa sono quelle più impattanti sul cittadino. Basta guardare la pagina web di Regione Liguria per rendersi conto che quasi tutte le prestazioni ambulatoriali erogabili non rispettano i tempi indicati nella richiesta del medico. È il fallimento del piano di Restart che il Governatore Toti aveva indicato come panacea, ma che ha comportato solo l’aumento di prestazioni acquistate dal privato. Molteplici le ragioni, comuni a gran parte del Paese: dalle carenze di organici alle inesattezze delle prescrizioni, a motivi organizzativi. Il sindacato ANAAO evidenzia un taglio di 40 mila posti letto e la perdita di 35 mila medici negli ultimi dieci anni. Le mancate prestazioni generano ulteriori problemi, quali accessi inadeguati ai PS, aumento della spesa farmaceutica e così via. Ma i nostri amministratori continuano a celebrare i loro presunti successi nelle conferenze stampa e nelle varie dichiarazioni pubbliche, in perfetto stile meloniano. Si trasforma in successo anche la performance ligure sui LEA, i livelli essenziali di assistenza a tutti i cittadini; definiti e aggiornati periodicamente da specifici provvedimenti legislativi. Il Ministero della Salute effettua ogni anno un monitoraggio delle Regioni cui attribuisce un punteggio per le tre macro-aree: prevenzione, cure distrettuali e cure ospedaliere. L’ultimo monitoraggio provvisorio ha escluso la Liguria dalle nove regioni “virtuose” che hanno tutti gli indici positivi, non avendo raggiunto il punteggio sufficiente (pari al valore numerico di 60) per cure di prevenzione e salute pubblica. Le cui criticità più importanti riguardano l’adesione alle vaccinazioni.
Nuccia Canevarollo
FATTI E MISFATTI
Affarismi (o peggio) e miserie del potere, locale e non
Da Carige a Bper: dovremmo rimpiangere Berneschi?
La vecchia Carige ormai non esiste più, colpita e affondata dall’allegra gestione del suo vertice. E se l’è accaparrata la BPER, Banca Popolare dell’Emilia-Romagna. Storico istituto, nato come cooperativa nel 1867 e asceso di recente a terzo polo bancario. Da Robin Hood a Sceriffo di Nottingham. Protagonista del risiko bancario degli anni 2000, ha inglobato la Carige nel 2022. Promettendo mari e monti all’Associazione Bancaria, allo Stato, alla Consob e ai clienti liguri. E per evitare problemi con l’antitrust, ha ceduto (pare) 40 sportelli ex Carige e 8 ex Banco di Sardegna al Banco Desio. Ma ora come vanno le cose? Sono contenti clienti e dipendenti? Secondo i sindacati proprio per niente: in un loro comunicato di meno di due mesi fa hanno scritto che “servono assunzioni. Adesso e in numero congruo, perché Carige era una Banca ad elevato accesso di clientela privata tradizionale e senza un adeguato numero di colleghi presenti nelle filiali i problemi non potranno che continuare”. In realtà sta avvenendo il contrario: si favoriscono le pensioni e non vengono fatte assunzioni. È normale: BPER sta prendendo il buono, ovvero i depositi dei liguri per finanziare gli investimenti alle aziende. Il cattivo, ovvero l’eccesso di dipendenti (secondo loro), cercano di smaltirlo un po’ alla volta. Ma hanno almeno portato innovazione tecnologica, processi informatici adeguati, facilitazione nei rapporti con le istituzioni? Non sembra proprio a sentire qualche voce anonima ex Carige: in sostanza l’ufficio cui fanno sempre più riferimento della sede generale è nominato come UCCS, ovvero Ufficio Complicazioni Cose Semplici. Ma c’è di più: pare che in modo carbonaro i Top della BPER siano chiamati “allevatori di maiali”, non perché i nostri si sentano tali, ma per le uniche capacità riconosciute agli stessi capi; ricordando le loro origini contadine, con tutto il rispetto per i sani allevatori, se ce ne sono ancora. Quello che però mi fa ridere e piangere al tempo stesso è l’ipocrisia della stampa e della politica che al momento dell’acquisizione e poi della fusione per incorporazione, avevano osannato l’ingresso della BPER: il Messia che veniva a mondare i peccati Carige rendendo la banca “più grande e più bella che pria”. Prendo a prestito la frase dal comico Petrolini che faceva la caricatura di Nerone mentre incendiava Roma.
Se a volte, davanti ai politici di oggi mi viene quasi da rimpiangere Andreotti; così, per come è ridotta Carige, quasi rimpiangerei Berneschi.
Carlo A. Martigli
Bucci apprendista stregone
Al tipo ‘scienziato pazzo’, di solito associato a ‘l’apprendista stregone’, ora andrebbe aggiunto quello ‘commissario straordinario’. Come il Sindaco di Genova Marco Bucci che nel 2018, fresco di elezione, fu preposto alla ricostruzione del ponte Morandi. E da allora si presume dotato di superpoteri. All’inizio gli era andata bene, tanto da montarsi la testa come “uomo del ponte”. In realtà un’impresa banale sotto il profilo costruttivo: un viadotto di 1km a 40 metri di altezza sul greto di un torrente in secca, niente di più. Certo, lo si doveva fare in fretta. Per questo Bucci ottenne la magia della “deroga”. A detta degli esperti il vero “trucco” del Modello Genova. Ossia, lavori affidati a discrezione e direttamente, a prezzi fuori mercato, al lavoro 24h su 7 gg, con un ex procuratore capo a vigilare sulla legalità; e con le imprese – vedi Fincantieri e Rina – motivate non solo dalla ricca cassa ma pure dal portare a in curriculum titoli per ricevere altri appalti.
Ma la magia non ha funzionato nei successivi progetti, in cui bisognava vedersela con regole legali più complesse, oltre a interessi socio-economici diversi. Dove si richiede la capacità del buon politico di mediare tra le esigenze specifiche, la visione pubblica e le regole democratiche. Così Bucci non ne ha più indovinata una, anche se continua come l’apprendista stregone perseverare nel fare danni: la nuova diga foranea dimensionata al massimo grado di spesa pubblica e a rischio geologico, imposta a prescindere dalle pianificazioni portuali; il Waterfront di Levante, quartiere monstre destinato alle rendite immobiliari private; lo Skymetro in Val Bisagno, opera palesemente inutile; la funicolare di Begato senza riguardi per il quartiere di Lagaccio, ma solo per il turismo coatto delle crociere; il tunnel subportuale con cui Bucci si è “speso” l’indennizzo di Autostrade dopo il Morandi, per un’opera che non aggiunge valore reale alla città. Progetti di stampo tardo Ottocento nel riproporre il modernismo di quei tempi (lo “skymetro” ricalca un secolo dopo il Telfer dell’Esposizione internazionale 1914, smantellato nel 1918). In realtà tutti progetti fondati sul cemento e sul consumo sconsiderato di territorio (e di mare). Niente per la funzionalità urbanistica e la sobrietà del vivere sociale; tutto per fatturati e profitti di cementieri e immobiliaristi. Progetti delegati all’arbitrio del “sindaco-commissario straordinario” Bucci, che sfoggia in ogni occasione i miliardi a sua disposizione.
Riccardo Degl’Innocenti
UNO SGUARDO DA LEVANTE
Cosa bolle in pentola nell’Est ligure? Testimonianze
Gli spezzini fuggono dalla sanità di Toti
Un dato interessante sui ricoveri dei cittadini dell’ASL 5 della Liguria, corrispondente alla grande maggioranza del territorio della provincia della Spezia. I tre comuni di Carro, Maissana e Varese Ligure fanno invece parte dell’ASL 4 del Tigullio.
Secondo questa indagine, riferita all’anno 2022, il 41% dei cittadini residenti nel territorio della ASL 5 si rivolge a strutture al di fuori della ASL, una percentuale enorme che si avvicina alla metà degli abitanti.
Dove vanno a ricoverarsi? Il 17% si è rivolto ad altre ASL liguri, prevalentemente alla ASL 3 del genovese, mentre il 24% si è rivolta a strutture fuori regione, con in testa la Toscana.
Da notare che il fenomeno è in crescita, e che solo tra il 2021% e il 2022 la percentuale di chi ha disertato la ASL 5 è cresciuta del 5%. Non abbiamo riserve a pensare che, oggi, la percentuale del 41% sia largamente superata.
Il costo di queste “trasferte”, in buona parte obbligate a causa della insopportabile lunghezza delle attese per accedere a ricoveri, visite specialistiche o accertamenti diagnostici o della totale mancanza di determinate prestazioni, che rende indispensabile rivolgersi altrove, è stimato in oltre 53 milioni di Euro, che, a fronte dei 127 milioni di euro di spessa complessiva della ASL 5, rappresentano una percentuale elevatissima della spesa. Forse con parte di questo capitale si potrebbero colmare i vuoti tra i primari, assumere medici, oggi numericamente carenti, o infermieri, che sono sotto organico di almeno il 30% rispetto alla media ligure di questa figura sanitari per abitante. Si potrebbe acquisire qualche macchinario e migliorare i servizi, diminuendo così il disagio per i pazienti, costretti a rivolgersi a strutture lontane da casa e, contemporaneamente, il costo a carico della ASL stessa.
N. C.
Il Ticket party delle Cinque Terre: il Levante come Boston 1773?
A chi conosce e ama le Cinque Terre è nota l’importanza del treno per gli spostamenti lungo la costa. In auto è difficile raggiungere le perle del Levante; quasi impossibile parcheggiare. I traghetti via mare hanno prezzi da crociere di lusso.
Trenitalia e Regione Liguria hanno varato un aumento senza precedenti del costo dei biglietti. I rincari sono in molti casi superiori al 50%. I biglietti singoli e a tratta aumentano da 5 sino a 10 euro. Tale piano di Regione e Trenitalia è stato vivacemente contestato dai comuni delle Cinque Terre, ma anche di comuni come Levanto che non fanno parte dell’area del celeberrimo Parco, dalle associazioni dei commercianti e degli operatori turistici, dai sindacati; e anche dalle associazioni ambientaliste, preoccupate per un possibile qunto insostenibile aumento del flusso di auto.
La presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre Donatella Bianchi ha esternato le sue preoccupazioni, relative al rischio che la Cinque Terre Card possa subire ricadute negative. Specie considerando che la Card riversa, ogni anno, circa 2,5 milioni di Euro per azioni contro il rischio idrogeologico, sostegno ai vigneti e altre prevenzioni di territorio.
Chi ha provato a salire in estate su un treno per le Cinque Terre ha trovato vagoni super affollati, persone stipate come sardine, stazioni inaccessibili. Sicché proporre tariffe degne di treni di lusso per servizi scadenti è una vera follia. Tra l’altro non si salvaguardano neppure categorie come i pendolari residenti nel tratto ferroviario tra La Spezia e Sestri Levante; inoltre non si prevede un’agevolazione per quanti pernottano negli hotel o nelle strutture ricettive locali.
Le opposizioni in consiglio regionale hanno annunciato battaglia. Alcuni sindaci pensano di ricorrere al TAR. Uno dei pochi luoghi in Italia dove il trasporto pubblico prevale sul traffico automobilistico privato viene messo in discussione. Lungimiranza della Regione Liguria in combutta con Trenitalia.
Nicola Caprioni
UNO SGUARDO DA PONENTE
Cosa bolle in pentola nell’Ovest ligure? Testimonianze
Facciamoci riconoscere! Ancora una volta la personalità politica di Claudio Scajola rifulge in tutta la sua tracotanza. Del resto perché stupirsi, visto che si tratta dell’ex ministro che definiva Marco Biagi “un rompicoglioni” quando il giuslavorista chiedeva protezione dalle minacce di morte che continuavano a pervenirgli. Difatti…
Imperia, bagarre di Scajola contro la libera informazione
Trascorsa la kermesse festivaliera, alla cittadinanza del Ponente non mancano occasioni per assistere a spettacoli della politica, seppure poco edificanti. Sembra proprio non ci siano luoghi immuni da attacchi intimidatori se anche l’Aula consiliare diventa teatro di oltraggi scomposti da parte dell’amministrazione contro la libera stampa.
Infatti, durante la seduta del Consiglio comunale di Imperia il 12 febbraio scorso, il primo cittadino e un componente di giunta, si sono distinti nell’aggressione ingiuriosa al giornalista Mattia Mangraviti e la redazione di Imperiapost – a loro dire – rei di una scorretta (cioè non omologata!) informazione sull’operato dell’amministrazione. Il sindaco Scajola, uscito infuriato dalla Sala del Consiglio, si è rivolto al giornalista con insulti e minacce, supportato dall’assessore Gagliano. Una bagarre dentro e fuori l’emiciclo, alla presenza di cittadini sbigottiti e testimoniata da foto e video.
Un episodio che offende chi non sopporta l’arroganza, chi non resta indifferente, chi ancora si indigna innanzi alla prepotenza e alla supponenza; un episodio che oltraggia l’intero territorio. Preoccupa non solo per il fatto in sé, ma per le funzioni rilevanti che Scajola (sindaco, presidente della Provincia e commissario dell’Ato idrico imperiese) e la politica dovrebbero svolgere.
Vicenda che presenta analogie con quanto avvenuto di recente anche a Sanremo, coinvolgendo un membro della Giunta Biancheri, poi dimissionario, e un giovane reporter della testata Riviera24. I consiglieri di minoranza hanno stigmatizzato l’accaduto, così come la società civile e associazioni quali Attac Imperia, Teatro dell’Attrito, Arci Imperia e Non Una Di Meno Ponente Ligure; esprimendo solidarietà al giornalista e alla testata. L’eclissi del diritto d’informazione emerge nelle crisi del nostro tempo quale portato del modello dominante, su cui non ci si interroga abbastanza. Quando il suo ruolo presuppone l’autonomia dei media dal potere. Condizione a cui la stessa democrazia non può rinunciare. Pena il crollo della trasparenza e della partecipazione.
Intanto le comunità dell’intera provincia stanno subendo decisioni dall’alto prive di coinvolgimento, come la privatizzazione del servizio idrico, la costruzione di una grande diga in Valle Argentina, l’esternalizzazione di asili nido, la privatizzazione dell’ospedale di Bordighera e la chiusura delle due strutture ospedaliere a Sanremo e a Imperia per la realizzazione di un unico ospedale a Taggia.
Daniela Cassini e Mauro Giampaoli
PASSEGGIATE D’ARTE
Le bellezze dimenticate da riscoprire
L’oratorio di Sant’Antonio alla Marina
Passeggiando per il quartiere del Molo, in vico delle Murette, si incontra l’Oratorio di S. Antonio Abate, una delle bellezze nascoste di Genova antica che merita una visita. Si tratta un edificio semplice, che si staglia tra il blu del cielo e l’azzurro del mare, con il tetto a capanna e senza ornamenti esterni, ad eccezione di una statua probabilmente seicentesca del Santo, posta sopra il portale d’ingresso e quella della Vergine, inserita in una nicchia a destra, al di sopra dell’iscrizione “Posuerunt me custodem“, proveniente dalla porta della Lanterna che venne demolita nel 1877. Un finestrone semicircolare si trova nella parte superiore della facciata ed altri sei, tre per parte, sono aperti nelle pareti laterali e fanno filtrare una meravigliosa luce dorata. Insolitamente l’Oratorio svolge le funzioni di sede della Parrocchia del SS. Salvatore e S. Croce, i cui ruderi, a seguito dei bombardamenti della Seconda Guerra mondiale, sono tutt’ora visibili. L’Oratorio nacque come sede della omonima casaccia creata nel Quattrocento, ma fu arricchito con importanti dipinti nel Seicento, purtroppo dispersi in buona parte. Il bombardamento voluto dal Re Sole nel 1684 danneggiò gravemente l’edificio, risistemato all’inizio del secolo seguente; dopo la parentesi napoleonica che sancì la soppressione degli oratori, l’edificio venne restaurato a fondo nella prima metà dell’Ottocento. L’interno è di straordinaria bellezza: varcata la soglia si viene avvolti da un misticismo che emoziona e richiama suggestive atmosfere antiche. Nella volta a botte gli affreschi ottocenteschi che narrano le vicende del Santo sono di Giuseppe da Passano. Ma all’interno si possono ammirare opere importanti, quali una tavola con Sant’Antonio che ritrova le spoglie di S. Paolo eremita di Luca Cambiaso, una strepitosa cassa processionaria settecentesca con San Giacomo che sconfigge i Mori realizzata dal Navone ed allievi (al famoso scultore è attribuita con certezza la figura di San Giacomo a cavallo), ma soprattutto Il Cristo Bianco scolpito nel 1710 dal Maragliano e di cui l’Alizeri scrisse: “tra’ suoi belli bellissimo. Non vidi tra i molti da lui condotti per casacce ed oratorii … figura più commovente, più nobile di questa e il Cristo Moro”, crocifisso processionale di Domenico Bissone (1639) assai popolare un tempo per i preziosi materiali di cui è composto (legni pregiati per la scultura del Cristo, rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento per la croce).
Orietta Sammarruco
GENOVA MADRE MATRIGNA
Al centro di una regione centrifuga
Riesplorare la città di San Giorgio.
Marco Bucci riaccende la polemica. Durante la Giornata della Bandiera bianco crociata di San Giorgio, rammenta che i Reali d’Inghilterra avrebbero scritto una lettera di ringraziamenti per le informazioni sul vessillo. Thanks, ma di “palanche” manco parlarne. Comunque il mito resiste legato all’illuminante riflessione di Braudel. “Nella città di San Giorgio venivano accumulandosi fortune colossali, in quanto i guadagni di questo sfruttamento delle ricchezze mondiali finiva nelle mani di pochi. Se mai esiste una città diabolicamente capitalista assai prima dell’era capitalista è proprio Genova, opulenta e sordida”. Il grande storico ben conosce le dinamiche geo-politiche mediterranee, cristiani e musulmani, infedeli e infami. Nemici giurati sempre pronti a fare affari insieme. Quanto ci insegna il maestro dell’Ecole des Annales. La sua frase termina con due parole-chiave: opulenta e sordida. Un riferimento alla bandiera di San Giorgio, delle “Compere” e dei “Banchi”. Se oggi andiamo all’Archivio di Stato di Genova per esplorare il monumentale fondo di conservazione, circa 40mila carte, possiamo verificare la fondatezza di quella frase. Nel momento in cui la vecchia nomenclatura genovese dei magnifici dogi lasciava il campo alla costruzione democratica, ci fu un contraccolpo immediato: scesero in campo i Viva Maria. Impreviste insorgenze antinapoleoniche per rimettere in sella la secolare aristocrazia: l’entroterra “beghino” giungeva in città con forconi e zappe; stendardi mariani e i parroci in testa. “Viva Maria!”. L’urlo fu subito udito nelle cittadine che avevano da innalzato gli “Alberi della Libertà”, proprio nel giorno del Corpus Domini. Si votò la Costituzione del Popolo Ligure e si tentarono le grandi riforme necessarie al vero cambiamento chiesto dalla classe emergente, la borghesia. I francesi indicarono la strada del nuovo governo territoriale: i municipi e le provincie, i dipartimenti e i circondari, i tribunali e le nuove amministrazioni. L’opulenza e la società sordida si rigenereranno, nasceranno nuovi imprese; ma il vecchio palazzo San Giorgio è sempre lì, bello nell’iconografia della facciata. Sul pennone sventola la bandiera bianco crociata di San Giorgio. Una sorta di Rambo sul destriero che infilza il drago. Così lo racconta il vescovo medievale di Genova Jacopo da Varagine. Aveva ragione Braudel: una storia non da poco quella genovese, tra capitali antichi e moderni, opulenta e sordida.
Getto Viarengo